BB

>4pediatriapa Seguici su Facebook //12 Novembre Giornata mondiale contro la Polmonite // 14 Novembre Giornata mondiale del diabete // 17 Novembre Giornata mondiale dei nati prematuri // 20 Novembre Giornata universale del bambino //div>

02/08/11

COS'È L'ALLERGIA AL LATTICE


        COS'È L'ALLERGIA AL LATTICE


L'allergia al lattice è una manifestazione clinica in crescente aumento scatenata dalle numerose proteine contenute nel lattice dotate di elevata attività antigenica.
Si tratta di reazioni che coinvolgono la cute, l'apparato respiratorio e cardiovascolare, in alcuni casi di estrema gravità, con casi anche mortali.
In pratica si tratta di una risposta del sistema immunitario ad alcune proteine contenute nel lattice.
L'ALLERGIA AL LATTICE IN PILLOLE...
Il lattice è il principale componente della gomma naturale, con cui vengono prodotti numerosi oggetti utilizzati sia in campo medico che nella vita quotidiana e lavorativa
CATEGORIE A RISCHIO

Tutti possono sensibilizzarsi al lattice, ma le persone che sono a continuo contatto con la gomma (es. chi lavora nell'industria della gomma, o gli operatori sanitari a continuo contatto con presidi contenenti lattice) sono le categorie più a rischio. Inoltre sono maggiormente predisposte all'allergia le donne, le persone asmatiche o con allergie alimentari (banana, kiwi, avocado, castagna, arachidi ecc.), con la spina bifida o anomalie urogenitali congenite.

31/07/11

SINDROME DI KALLMANN

  kalman  SINDROME DI KALLMANN

       Definizione.

La sindrome di Kallmann, conosciuta anche con il nome di Sindrome di De Morsier, Displasia olfatto-genitale o Ipogonadismo ipogonadotropo con anosmia, è una malattia genetica caratterizzata dall’associazione tra una ridotta o assente capacità di percepire gli odori (anosmia) e l’ipogonadismo (genitali poco sviluppati, assenza di pubertà spontanea).

Eziopatogenesi.

Tali alterazioni dipendono da un difetto dello sviluppo, durante la vita embrionale, dei centri nervosi deputati alla percezione degli odori (neuroni olfattori) e di quelli ipotalamici (neuroni GnRH) che determinano l’inizio dello sviluppo puberale e mantengono lo stimolo dell’asse ipofiso-gonadico. Verrebbe, in particolare, a mancare la migrazione dei neuroni fetali che secernono GnRH dal placode olfattivo all'ipotalamo. E’ stato recentissimamente dimostrato come le terminazioni nervose che partono dal naso per entrare nel cervello devono superare una zona di confine presidiata da cellule specializzate in grado di riconoscere e far passare i segnali mandati dai nervi in avvicinamento. Questo processo, controllato dai geni Wnt, permette che si crei un legame nervoso fra le cellule olfattive che percepiscono gli odori e il cervello che li elabora. Una volta creata, questa via, durante la fase di sviluppo embrionale, verrebbe utilizzata come “binario” anche da altre cellule endocrine tra cui i neuroni GnRH.

28/07/11

MALATTIA DI HARTNUP

 MALATTIA DI HARTNUP           
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Compresa : DISTURBI DEL METABOLISMO E DEL TRASPORTO DEGLI AMINOACIDI

Definizione
Disturbo del trasporto degli aminoacidi caratterizzato da esordio in infanzia (raramente in età adulta) di dermatite da fotosensibilità e da sintomi neurologici intermittenti. Periodicamente possono verificarsi atassia, modificazioni della personalità, cefalee migranti e fotofobia. Il disturbo deriva da una alterazione del trasporto sodio-dipendente degli aminoacidi neutri attraverso la membrana dell'orletto a spazzola del piccolo intestino e dell'epitelio tubulare renale. (From Menkes, Textbook of Child Neurology, 5th ed, pp59-60) (Medline Thesaurus)
Segni e sintomi
La malattia di Harntup è un disordine familiare del trasporto renale ed intestinale degli aminoacidi. Caratteristica costante è l'iperaminoaciduria specifica causata da una diminuita capacità di riassorbimento di un gruppo di aminoacidi neutri che utilizzano un sistema di trasporto comune, che in questo caso è difettoso. Nella maggior parte degli individui affetti è presente anche una riduzione dell'assorbimento intestinale di almeno alcuni degli aminoacidi neutri, e soprattutto del triptofano.

27/07/11

Malattia emorragica del neonato

clip_image001

Malattia emorragica del neonato

Malattia emorragica del neonato è un disturbo della coagulazione che di solito si sviluppa poco dopo nasce un bambino.

Cause

Una mancanza di vitamina K causa la malattia emorragica del neonato. La vitamina K svolge un ruolo importante nella coagulazione del sangue.

I bambini di solito hanno bassi livelli di vitamina K per una serie di motivi. La vitamina K non si muove facilmente attraverso la placenta dalla madre al bambino. Come risultato, un neonato non ha molta vitamina K conservato fino alla nascita. Inoltre, non c'è molto vitamina K nel latte materno.


irismemonlus: LE MALATTIE RARE

irismemonlus: LE MALATTIE RARE

24/07/11

Appendicite

Appendicite
clip_image001L'appendicite è una malattia infiammatoria a carico di un piccolo diverticolo, chiamato appendice vermiforme, che si diparte dal tratto iniziale dell'intestino crasso. Questo esile prolungamento intestinale, lungo circa dieci centimetri per un diametro medio di 6 mm, non sembra avere alcuna funzione nell'uomo; nonostante ciò, quando viene colpita da un processo infiammatorio, l'appendice può mettere a repentaglio la salute dell'intero organismo, come ben sapranno tutti coloro che hanno dovuto farsela asportare con carattere d'urgenza.
L'appendicite ha una netta prevalenza nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima età adulta, anche se ciò non la esenta dal creare grossi problemi a tutte le età.

21/07/11

MALATTIA DI CHEDIAK HIGASHI

MALATTIA DI CHEDIAK HIGASHI



La sindrome di Chediak-Higashi (CHS) è un disordine congenito nella formazione delle vescicole cellulari a trasmissione autosomica recessiva che interessa tutti i tessuti dell'organismo. Le sue principali e più gravi manifestazioni cliniche sono una spiccata suscettibilità alle infezioni batteriche dovuta a gravi anomalie nell'attività microbicida dei neutrofili e dei monoliti e una malattia simile ad un linfoma, conosciuta come fase accelerata, che porta al decesso durante la seconda o terza decade di vita la maggior parte dei pazienti che sopravvivono alle infezioni batteriche. Altre manifestazioni comprendono un variabile grado di albinismo oculo-cutaneo, un deficit del pool di deposito piatstrinico con una diatesi emorragica da lieve a moderata ed infine anomalie neurologiche. Gli eterozigoti per la CHS sono sempre del tutto normali (Handin RI, Lux SE, Stossel TP. Blood, principles and practice of haematology. Second edition, 2003).
Segni e sintomi
Gli aspetti clinici nella CHS sono variabili ma includono alcune manifestazioni caratteristiche. I bambini affetti da CHS soffrono dalla più tenera età di infezioni ricorrenti.I tipici organi colpiti sono la cute e l'apparato respiratorio. Cellulite periorbitaria, otite media, polmonite, ipoderma, ascessi, sinusiti e carie dentaria sono le infezioni principali mentre Staphylococcus aureus e Streptococcus b-emolitico sono gli organismi più spesso responsabili, benché batteri gram-negativi, Candida ed Aspergillus siano altresì importanti.Le infezioni hanno la tendenza ad essere gravi, ricorrenti, protratte e con una risposta alla terapia antibiotica inferiore all'attesa (Huizing M, Anikster Y, Gahl WA. Hermansky-Pudlak Syndrome and Chediak-Higashi Syndrome: Disorders of Vesicle Formation and Trafficking. Thromb Haemost 2001; 86:233-45).Come in altri disordini della funzione dei neutrofili, nella sindrome di Chediak-Higashi, si osserva una grave patologia gengivale con atrofia ossea e perdita di denti (Handin RI, Lux SE, Stossel TP. Blood, principles and practice of haematology. Second edition, 2003).Circa l'85% dei pazienti che sopravvivono per un periodo sufficientemente lungo, vanno incontro ad una fase accelerata, simile ad un linfoma, caratterizzata da una proliferazione incontrollata di linfociti di aspetto normale e di istiociti, e alla fine fatale. Tale fase fa seguito generalmente ad un infezione da virus di Hepstein-Barr. I pazienti affetti iniziano a manifestare febbre ricorrente, rash, astenia dovute al rilascio di linfochine da parte delle cellule proliferanti ed aumenta la frequenza delle infezioni.Il numero dei neutrofili tende a diminuire e compare anemia e meno spesso piastrinopenia.Il fegato, la milza e i linfonodi aumentano di volume per l'infiltrazione delle cellule proliferanti che invadono anche il midollo causando una progressiva pancitopenia.La morte a seguito delle complicazioni della pancitopenia è inevitabile dopo un decorso implacabile da alcuni mesi fino a due anni (Handin RI, Lux SE, Stossel TP. Blood, principles and practice of haematology. Second edition, 2003).Una diffusa ipopigmentazione (albinismo parziale) dei capelli, della cute, o degli occhi è evidente sin dalla nascita quando rapportata agli altri membri

16/07/11

Quando i piccoli pazienti devono "lasciare" il pediatra Trasferimento al centro di diabetologia per adulti

Quando i piccoli pazienti devono "lasciare" il pediatra
                        Trasferimento al centro di diabetologia per adulti

Il passaggio del fanciullo prepubere diabetico dal diabetologo pediatra al diabetologo dell'adulto dovrebbe avvenire, secondo gli accordi previsti dal SSNN, tra i 12 e i 14 anni. L'uso del condizionale è di fatto necessario perché raramente tale trasferimento avviene regolarmente in quell'arco di tempo; più spesso accade che il pediatra, di fronte alla lunghissima cronicità del diabete infanto giovanile, sia spinto ad assistere il fanciullo ben oltre l'età prepubere, oltre l'adolescenza, fin quasi all'età adulta (1). Alla base di questo frequente comportamento sottostanno diversi fattori: il pediatra, con il quale si è stabilito un legame affettivo talvolta tenace, è spesso riluttante ad abbandonare il piccolo paziente, ormai cresciuto, nelle maglie dell'assistenza dell'adulto, conscio di quali effetti potranno avere su di lui sia il confronto continuo con i diabetici adulti, in cui si è spesso già avuta la comparsa di complicanze, sia la frammentazione, la perdita di individualità del giovane, immerso improvvisamente in una realtà, quella dell'assistenza diabetologica all'adulto, nella quale diviene "solo uno dei tanti" (2, 3).

Al distacco della figura dello specialista pediatra che lo ha seguito fin dall'esordio della malattia, e la proiezione, non desiderata, nell'universo del diabete dell'adulto, si associano le tematiche tipiche della crisi adolescenziale: improvvisamente compaiono l'opposizione e il rifiuto della malattia e dei suoi gestori (genitori e medico), improvvisamente il diabete fino ad allora ben compensato "impazzisce" (4, 5, 6, 7, 8). È in questo fragile equilibrio che si inserisce, e gioca la funzione più importante, la figura del diabetologo dell'adulto che dovrebbe essere in grado di comprendere il travaglio psicologico del giovane paziente e ottenere con lui un rapporto fiducioso e duraturo nonostante gli atteggiamenti spesso provocatori che quest'ultimo assume (2). Al medico spetta ancora il compito di saper valutare quando intervenire con fermezza e quando interrompere il discorso preferenziale, sino ad allora instaurato con i genitori, alla ricerca del colloquio franco con il diretto interessato, per orientare la sua naturale e attesa spinta all'autonomia, sdrammatizzare le sue preoccupazioni e fugare i timori eccessivi riguardo la malattia e le complicanze, favorire una programmazione costruttiva della propria vita di individuo adulto e diabetico (5).

15/07/11

Istituito il registro regionale per i malati di celiachia


Istituito il registro regionale per i malati di celiachia
15 luglio 2011 -  L’assessore regionale per la Salute, Massimo Russo , ha firmato il decreto con il quale viene approvato il percorso diagnostico-terapeutico per la malattia celiaca e si definisce la nuova rete regionale individuando i centri regionali, i compiti assegnati e i relativi referenti. Ai soggetti con malattia celiaca verrà garantita una diagnosi piu’ precoce e piu’ qualificata e un migliore impiego delle risorse.
Sarà istituito il “Registro regionale della malattia celiaca”, e ridefinito il sistema di erogazione dei prodotti alimentari privi di glutine. Verrà anche portata avanti una campagna di sensibilizzazione dei medici di Medicina generale e dei pediatri di libera scelta con un pacchetto formativo sulla base delle indicazioni di un apposito tavolo tecnico. Attraverso le Asp saranno anche organizzati seminari di studio.
Così come riportato nel Piano della Salute 2011-2013 anche per la malattia celiaca l’assistenza sarà organizzata secondo il principio delle “reti integrate”, prevedendo la concentrazione della casistica più complessa in un numero limitato di centri (Hub), a loro volta supportati dai centri periferici (Spoke) che assicurano l’assistenza per la casistica a minore grado di complessità.



Questi i Centri “Hub” in Sicilia, scelti sulla base dell’esperienza maturata negli anni e della dotazione tecnologica a disposizione (tra parentesi i referenti della struttura): Ospedale “Giovanni Paolo II” di Sciacca (Antonio Carroccio); Policlinico – Vittorio Emanuele di Catania (Cinzia D’Agate – Massimo Spina); Policlinico “G. Martino” di Messina (Giuseppe Magazzu’ – Salvatore Pellegrino); Azienda “Civico Di Cristina” di Palermo (Francesca Cavataio); Azienda “Villa Sofia – Cervello” di Palermo (Lorenzo Oliva); Ospedale “Guzzardi” di Vittoria (Fabrizio Comisi); Ospedale “Umberto I” di Siracusa (Sebastiana Malandrino); Ospedale “S. Antonio Abate” di Trapani (Andrea Ditta – Pietro Di Stefano).

“Un altro importante passo avanti nella riorganizzazione e riqualificazione del sistema – ha spiegato l’assessore Russo – peraltro previsto e programmato nel nuovo Piano Sanitario Regionale che abbiamo approvato da poco colmando una lacuna decennale. La celiachia e’ una malattia sempre piu’ diffusa e la creazione della rete e del registro favorira’ la costituzione di network professionali in grado di coinvolgere le aziende sanitarie per la prevenzione del rischio e la valutazione della qualita’ dell’assistenza, oltre che per la conoscenza epidemiologica”.

MALATTIA DI CRONKHITE CANADA

                        MALATTIA DI CRONKHITE CANADA



Definizione
La Sindrome di Cronkhite-Canada è una rara sindrome acquisita, non familiare, che sembra verificarsi dopo importanti stress di tipo mentale, fisico ed emotivo.(Chadalavada R, Brown DK, Walker AN, Sedghi S. Sindrome di Cronkhite-Canada: prolungata remissione dopo trattamento corticosteroideo. Am J Gastroenterol. 2003;98(6):1444-6) È una rara poliposi gastrointestinale associata a diarrea, a ipoproteinemia e alterazioni ectodermiche tra cui l'ipopigmentazione della cute, alopecia ed onicoatrofia. (Takeuchi Y, Yoshikawa M, Tsukamoto N, Shiroi A, et al. Sindrome di Cronkhite-Canada associate a cancro del colon, trombosi portale, alto titolo di anticorpi anti-nucleo, e glomerulonefrite membranosa. J Gastroenterol. 2003;38(8):791-5). Nel 1955 Cronkhite e Canada descrissero la sindrome che prese poi il loro nomi.
(Dorland's Illustrated Medical Dictionary, 29th Edition).
Tale malattia è caratterizzata dalla presenza di una diffusa poliposi gastrointestinale, alterazioni distrofiche delle unghie, alopecia, ipogeusia, parestesie, xerostomia, atrofia ungueale, iperpigmentazione cutanea, diarrea anoressia, perdita di peso, vomito, dolore addominale ed altre complicazioni gastrointestinali come

10/07/11

LA DOCUMENTAZIONE INFERMIERISTICA

                 LA DOCUMENTAZIONE INFERMIERISTICA

Cartella Infermieristica, Documentazione Infermieristica, Dossier Assistenziale, sono solo alcuni dei nomi che sono stati assegnati ad uno strumento di cui si parla ormai da decenni ma che solo negli ultimi anni e solo nelle aziende sanitarie più al passo coi tempi, ha trovato la propria identità.

Il termine di Documentazione Infermieristica, risulta tuttavia essere più ampio di quello di Cartella Infermieristica, con il quale viene spesso utilizzato indifferentemente, e la Documentazione Infermieristica abbraccia tutto quello che documenta l’assistenza infermieristica, svolta come singoli professionisti o come membri di una equipe multidisciplinare e quindi come partizione essenziale, ma non chiusa, di un processo di cura, anche in questo contesto il riferimento alla Cartella Infermieristica, come parte della documentazione clinica, rimarrà dominante.

Si tratta in sostanza di uno strumento che consente di rendere immediatamente osservabile e misurabile il processo di Assistenza Infermieristica, passo essenziale per il miglioramento della qualità assistenziale, come tra l’altro riferibile ad uno degli assiomi della “ QUALITA’ ”, che definisce oggettivamente migliorabile solo quello che si può misurare.

E’ attraverso la “Cartella Infermieristica” che il professionista Infermiere identifica e valuta il bisogno di assistenza dell’utente, e questo gli consente di formulare una Diagnosi Infermieristica sulla base di modelli e standard  definiti e comunemente comprensibili, in modo da poter essere concettualmente trasferibili agli altri professionisti sanitari.

La “Cartella Infermieristica” è anche uno strumento che consente di verificare il continuo bisogno d’informazioni, indispensabili per una completa e mirata valutazione delle necessità assistenziali.

La tanto agognata “autonomia professionale”, ha reso indispensabile uno strumento come la C.I., che attraverso l’identificazione dei problemi della persona permette la programmazione di un percorso di risoluzione, in quanto l’utilizzo di tale strumento consente la consapevolizzazione del ragionamento diagnostico per mezzo dei quali sono stati individuati i “bisogni”, bisogni per la cui “soddisfazione” verranno operate le scelte assistenziali.

Ma è la stessa normativa a sancire per gli Infermieri l’obbligo di compilare la documentazione relativa all’assistenza prestata, la legge n. 42 del 26/02/1999 definisce infatti due importanti elementi della professione infermieristica:

  • la sostituzione della definizione di “professione sanitaria ausiliaria” con quella di “professione sanitaria”;

08/07/11

Distrofia muscolare di Duchenne-Becker

Distrofia muscolare di Duchenne-Becker

Cos'è e come si manifesta la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker?

La distrofia muscolare di Duchenne (Dmd) e la distrofia muscolare di Becker (Dmb) sono due varianti, rispettivamente più e meno grave, della stessa malattia neuromuscolare caratterizzata dall'assenza, dalla carenza o dall'alterazione di una proteina chiamata distrofia. Queste condizioni portano a degenerazione del tessuto muscolare, che provoca una progressiva perdita di forza muscolare, con riduzione delle abilità motorie. Nella distrofia muscolare di Duchenne la distrofia è del tutto assente; i bambini colpiti spesso imparano a camminare in ritardo e, intorno ai 5 anni, mostrano un'andatura particolare, difficoltà a fare le scale, ingrossamento (ipertrofia) dei polpacci. La malattia progredisce causando grave scoliosi, perdita della deambulazione entro i 12 anni e, in seguito, perdita della funzione degli arti superiori. Anche i muscoli respiratori e il cuore sono coinvolti e sono proprio le complicanze cardiache e respiratorie a ridurre l'aspettativa di vita di questi pazienti. In alcuni casi ci può essere un deficit cognitivo, di entità molto variabile. Nella distrofia muscolare di Becker la distrofia è ridotta o alterata, ma mai assente. A livello motorio, le manifestazioni di questa forma ricalcano quelle della distrofia muscolare di Duchenne, ma in forma più lieve e con esordio più tardivo. Le complicazioni cardiache costituiscono il problema principale: se vengono riconosciute e curate in tempo, l'aspettativa di vita di questi pazienti è normale.
clip_image002

Come si trasmette la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker?

05/07/11

Malattie rare, il calvario delle famiglie



             Malattie rare, il calvario delle famiglie
Malattie rare: ancora nel 2011 queste parole si trovano ad essere in qualche modo sinonimo di calvario. Per le famiglie, per le persone malate. Non  si tratta solo del problema prettamente fisico di affrontare una patologia quasi sconosciuta, ma anche di quello organizzativo relativo all’ avere a che fare con una burocrazia lenta e non aggiornata.
E spesso solo la rete rappresenta un alleato. Perché i problemi sono molti, la conoscenza poca, e per trovare del sostegno specializzato od ottenere semplicemente una diagnosi, non di rado passano anni.
Vi sono malattie rare tipo la Sindrome di Kabuki, che solo recentemente hanno trovato il giusto sostegno a livello medico. Ma gli specialisti in tal senso sono pochi. E per ottenere delle cure appropriate, bisogna spostarsi, con il conseguente carico economico e di stress. Specialmente se si tratta di bambini. Perché quando si parla di particolari sindromi,  sono proprio loro le piccole vittime. Ed immaginate un bambino di qualche mese o di pochi anni sottoposto a veri e propri viaggi della speranza corredati da un continuo avvicendarsi di esami specialistici, risonanze magnetiche.
Uno stress inappropriato, ma necessario. Al quale ovviamente, scoperta la malattia, si aggiunge l’ignoranza della gente. Perché spesso e volentieri i malati di malattie rare sono sottoposti ad un trattamento quasi “razzista”. Squadrati dalla testa ai piedi, quasi in ogni occasione, alla sofferenza fisica debbono aggiungere quella psicologica derivante non solo dall’essere dipendenti da terapie di ogni sorta, ma anche dall’allontanamento, più o meno volontario, da parte dei coetanei.
E se una malattia come la mucopolisaccaridosi, di gravità variabile a seconda della tipologia, porta quasi sempre all’indossare un busto per tentare di mantenere un corretto sviluppo dello scheletro, vi sono tante patologie per le quali, il sistema sanitario nazionale, pur riconoscendole invalidanti, non passa i farmaci.
Ciò che la maggior parte della famiglie lamentano è però  la lentezza della burocrazia, ed in qualche modo la sua ignoranza. Essere affetti da una malattia rara nella maggior parte dei casi significa combattere continuamente con gli uffici preposti sul territorio per il riconoscimento dell’invalidità e tutte le pratiche assistenziali ad essa correlata.


firma

04/07/11

Osteogenesi imperfetta

  Osteogenesi imperfetta

Sinonimo/i
Malattia delle ossa di vetro
Malattia delle ossa fragili
Malattia di Lobstein
Malattia di Porak e Durante
OI
Osteopsatirosi
Riassunto
L'osteogenesi imperfetta (OI) comprende un gruppo eterogeneo di malattie genetiche caratterizzate da un aumento della fragilità scheletrica, una diminuzione della massa ossea e una suscettibilità alle fratture ossee di gravità variabile. La prevalenza è stimata tra 1/10.000 e 1/20.000. L'età di esordio dipende dalla gravità della malattia. A livello clinico, sono state identificate cinque forme di OI. Il segno clinico più rilevante in tutti i tipi di OI è la fragilità scheletrica, che si manifesta con fratture multiple. L'osteogenesi imperfetta tipo 2 è letale, il tipo 3 è grave, i tipi 4 e 5 sono moderati e il tipo 1 è lieve (si vedano questi termini). Il tipo 1 non produce deformazioni ed è caratterizzato da una statura normale o solo leggermente bassa, sclere blu e assenza di dentinogenesi imperfetta (DI; si veda questo termine). I pazienti affetti dal tipo 2 presentano alla nascita fratture multiple delle coste e delle ossa lunghe, deformità significative, allargamento delle ossa lunghe, diminuzione della densità cranica sulle radiografie e sclere scure. I segni principali del tipo 3 sono la statura molto bassa, la faccia triangolare, la scoliosi grave, le sclere grigie e la DI. Il tipo 5 è caratterizzato da statura da moderatamente a leggermente bassa, dalla dislocazione della testa del radio, dalla mineralizzazione delle membrane intraossee, dalla formazione di calli ossei iperplasici, da scere bianche e dall'assenza della DI. Sono stati osservati altri tipi geneticamente diversi (tipi 6-9), che non sono clinicamente diversi dai tipi 2-4. Nel 95% dei casi, l'OI è dovuta alle mutazioni dei geni COL1A1 e COL1A2 (17q21.33 e 7q21.3) che codificano per le catene alfa1 e alfa2 del collagene tipo I. Tutti i cinque tipi clinici dell'OI sono dovuti a queste mutazioni. La trasmissione è autosomica dominante. Sono state osservate forme autosomiche recessive di OI, dovute a mutazioni dei geni LEPRE1, CRTAP e PPIB (1p34.1, 3p22 e 15q21-q22). Le forme autosomiche recessive sono sempre gravi se si associano a ipotonia grave. La diagnosi si basa sui segni scheletrici ed extra-scheletrici. Gli esami radiologici rivelano osteoporosi e ossa simil-wormiane. La densitometria conferma la diminuzione della massa ossea. Le diagnosi differenziali si pongono con le diagnosi prenatali di condrodisplasia, l'osteoporosi giovanile idiopatica, la sindrome osteoporosi-pseudoganglioma, le sindrome di Cole-Carpenter e di Bruck, l'iper- o l'ipofosfatasia, la forma panostotica della displasia fibrosa (si vedano questi termini), le lesioni non accidentali (fratture multiple senza osteoporosi) e l'osteoporosi secondaria a terapia, malnutrizione, malattia metabolica o leucemia. La presenza di fratture multiple non deve essere confusa con gli abusi sul minore. La diagnosi può essere sospettata in epoca prenatale mediante ultrasonografia e/o confermata dalle analisi molecolari sugli amniociti o sui villi coriali, se è stata identificata la mutazione-patogenetica nella famiglia. La presa in carico deve essere multidisciplinare (medica, ortopedica, fisioterapica e riabilitativa). La terapia standard per le forme gravi si basa sui bifosfonati con forti proprietà di contrasto sull'assorbimento dell'osso, che non sono tuttavia in grado di curare la malattia. Durante tutta la vita del paziente, è fondamentale la prevenzione del deficit di vitamina D e di calcio. Il trattamento chirurgico è essenziale per la correzione delle deformità scheletriche e della colonna e la prevenzione delle fratture delle ossa lunghe (osteosintesi centromidollare). La fisioterapia precoce migliora l'autonomia del paziente attraverso la valutazione dei deficit motori, la riduzione del rischio di cadute e la promozione dell'attività fisica. La prognosi funzionale dipende dalla gravità della malattia e dalla qualità della presa in carico. La prognosi quad vitam dipende dalla gravità delle complicazioni respiratorie associate alle deformità della colonna. *Autore: Dr. V. Forin (Marzo 2010)*.

03/07/11

Peculiarità del processo assistenziale in ambito pediatrico

      

    Peculiarità del processo assistenziale in ambito pediatrico
Definizione
Contrariamente al passato, quando il bambino era considerato un "uomo in miniatura", oggi è ritenuto
portatore di particolari bisogni, tipicamente infantili, legati alla dipendenza dall'adulto, alle dinamiche esistenti
all'interno del proprio nucleo familiare, ai rapporti esistenti tra e con i suoi genitori, in particolare con la madre
e/o con il suo sostituto. Naturalmente, tutto questo è proporzionale all'età del bambino: tanto più è piccolo o
malato quanto più saranno evidenti queste esigenze, con la conseguente necessità di soddisfarle.
Senza dilungarci nella descrizione degli aspetti psicologici legati alla ospedalizzazione pediatrica, che
peculiarità del processo di nursing pediatrico/ occorre sottolineare alcuni aspetti dell'assistenza
infermieristica ai soggetti in età evolutiva. Fra essi occorre ricordare:
Leggi Scarica  QUI
                                                                                                                       

sincope

                        La sincope
La sincope è una brusca perdita di coscienza con perdita della stazione eretta, seguita usualmente da un completo recupero. Nonostante sia un fenomeno allarmante e riproduca i sintomi di un arresto cardiaco, è spesso una condizione benigna ed autolimitante. Nonostante ciò nel 30% dei casi si possono produrre lesioni provocate da una rapida caduta a terra; successivi episodi possono essere psicologicamente importanti. Nei pazienti affetti da cardiopatia, un episodio sincopale può essere premonitore di morte improvvisa. La sincope si manifesta in circa il 3% della popolazione, circa 1/3 della popolazione può essere affetto da questa sintomatologia, una volta nella vita, ed in circa il 75% di soggetti giovani affetti da questa patologia può rappresentare un evento isolato. Rappresenta il 3-5% delle cause di visita in pronto soccorso e l’1% dei ricoveri ospedalieri. La sincope può essere di natura cardiovascolare o non cardiovascolare: le prime hanno una prognosi nettamente peggiore. Quelle di origine cardiovascolare sono legate, in genere, a disturbi del ritmo od a lesioni che ostruiscono il flusso del sangue dal cuore. Una delle aritmie più frequenti che possono provocare questa sintomatologia sono: La Tachicardia Ventricolare, responsabile di circa il 10% di tutti gli episodi sincopali, ed è in genere una conseguenza di un infarto miocardico; un blocco di conduzione elettrica tra gli atrii ed i ventricoli, definito come tracciato brachicardico - clicca per ingrandire BLOCCO ATRIO-VENTRICOLARE od un rallentamento marcato della frequenza cardiaca (BRADICARDIA SINUSALE) sono delle aritmie che possono essere responsabili di questa patologia. La sincope di natura non cardiovascolare ha in genere una prognosi benigna; nella maggior parte dei casi sono legate ad una disfunzione del sistema neurovegetativo. Negli ultimi anni i progressi nella ricerca cardiovascolare hanno consentito di identificare e di conoscere le cause di un numero crescente di episodi sincopali. La SINCOPE VASOVAGALE, conosciuta anche con il nome di sincope neuro cardiogenica, è una delle forme più comuni. I soggetti affetti da questo tipo di sincope sono in genere giovani e spesso hanno dei sintomi premonitori come sudorazione, nausea, stanchezza, pallore. La perdita di coscienza avviene frequentemente dopo aver mantenuto a lungo una posizione eretta (essere in fila), o in conseguenza ad emozioni spiacevoli (prelievo venoso per analisi), o dopo aver

01/07/11

Protocollo di: Aspirazione tracheobronchiale

Protocollo di: Aspirazione tracheobronchiale
clip_image002La tracheo-aspirazione è una procedura che consente la rimozione delle secrezioni presenti nell’albero bronchiale, per mezzo di una fonte aspirante e di un sondino inserito nelle vie aeree tramite una via naturale (bocca-naso) o artificiale (stoma-protesi respiratoria) per il mantenimento della pervietà delle vie aeree. Obiettivi:
  • Mantenere pervie le vie aeree rimuovendo secrezioni e/o materiale estraneo
  • Promuovere e migliorare gli scambi respiratori
  • Prevenire gli effetti collaterali, in particolare delle infezioni favorite dal ristagno di secrezioni
  • Ottenere un campione da laboratorio per esame colturale (diagnosi)
Soggetti sottoposti a broncoaspirazione
  1. tutti i malati che non sono in grado autonomamente di espellere in modo  efficace le loro secrezioni,
  2. malati intubati o tracheotomizzati., perché le vie aeree sono isolate dalla via digerente e quindi non possono deglutire  le loro secrezioni.
Esame Obiettivo
L’aspirazione si esegue dopo aver valutato il  bisogno di respirare del paziente nel seguente modo:

25/06/11

Aspirazione tracheo-bronchiale

                                                                                                                                                  Aspirazione tracheo-bronchiale

clip_image002Aspirazione tracheo-bronchiale

Per aspirazione tracheo-bronchiale si intende la rimozione dal tratto nasofaringeo o dalla trachea fino alla carena bronchiale delle secrezioni polmonari e dei liquidi (per esempio saliva, sangue, vomito) che non vengono rimossi con la tosse spontanea o altre procedure meno invasive.

L’obiettivo è mantenere pervie le vie respiratorie, assicurando un’adeguata ossigenazione ed

evitando l’intubazione.1

Livelli delle prove e gradi delle raccomandazioni

Tutti gli studi sono considerati in base alla forza delle prove classificate secondo i livelli riportati di seguito:

Livello I Prova ottenuta da una revisione sistematica di studi randomizzati, tutti rilevanti.

Livello IA Prova ottenuta da almeno uno studio randomizzato ben progettato. Livello IIA Prova ottenuta da almeno uno studio prospettico ben progettato. Livello IIB Prova ottenuta da studi prospettici di minore qualità.

Livello III Prova ottenuta da studi prospettici di buona qualità.

Livello IV Opinioni di esperti basate su esperienza clinica.

Indicazioni

La broncoaspirazione è una tecnica invasiva fastidiosa per il paziente e potenzialmente rischiosa, pertanto va eseguita solo se vi è una reale necessità.

E’ indicata quando il soggetto non riesce a eliminare le secrezioni con l’espettorazione e in particolare se:

• le secrezioni sono visibili nelle vie respiratorie;

• all’ascoltazione toracica si sentono gorgoglii, ronchi o diminuzione del murmure vescicolare;

• si sospetta l’aspirazione di materiale gastrico;

• c’è un incremento apparente del lavoro respiratorio;

• c’è una variazione dei valori dell’emogasanalisi quali ipossiemia e ipercapnia;

• il soggetto è particolarmente agitato.

Uno dei principali obiettivi infermieristici in queste situazioni è aiutare il soggetto a eliminare le secrezioni perché se ristagnano nell’albero respiratorio possono causare:

• infezioni, poiché il secreto tracheo-bronchiale è un buon terreno di coltura e può quindi facilitare la proliferazione di microrganismi;

• ostruzioni delle vie respiratorie, a causa di secrezioni particolarmente dense che possono formare tappi mucosi o depositarsi nelle parti declivi delle vie aeree;

• atelectasie, cioè il collasso del parenchima polmonare, come conseguenza dell’ostruzione bronchiale, cui segue un progressivo riassorbimento dell’aria a valle dell’ostruzione e una riduzione della superficie disponibile per gli scambi gassosi;

20/06/11

Via di somministrazione dei Farmaci

Via di somministrazione dei Farmaci

VIA ORALE, detta anche PER OS, dal latino per, che significa attraverso, e dal latino òs, òris, che significa bocca (OS è anche acronimo di Oral Somministration, che significa appunto Somministrazione Orale).

Caratteristiche

Attraverso la somministrazione orale, soltanto una minima parte del farmaco arriva all'assorbimento e al sito d'azione. Citando l'esempio di una compressa, quest'ultima subirà notevoli disgregazioni a partire dalla bocca, per poi proseguire nello stomaco e intestino. A questo punto quel che resta del farmaco verrà assorbito e trasportato al fegato, dove subirà delle metabolizzazioni a causa del primo passaggio epatico. Al termine di tutte queste disgregazioni e metabolizzazioni, si avrà la distribuzione del farmaco nell'organismo. L'insieme di tutti questi fenomeni va a determinare la biodisponibilità del farmaco all'interno del nostro corpo.

 

LEGGI SCARICA  PDF

18/06/11

farmaci e forme farmaceutiche

farmaci e forme farmaceutiche

Con il termine "farmaco" si indica una sostanza o un composto che viene usato per la prevenzione, la cura o la diagnosi di una determinata malattia.

Un farmaco, per poter esplicare la sua azione, viene introdotto nell'organismo, nella forma farmaceutica e nel dosaggio adatti, attraverso diverse vie di somministrazione: la via orale (OS), la via rettale, la via inalatoria, la via parenterale (Im), endovenosa (ev), etc..
Dalle caratteristiche del farmaco, della forma farmaceutica e dal dosaggio impiegato dipendono una serie di parametri che regolano la risposta terapeutica e che sono pertanto indispensabili per valutare la biodisponibilità del farmaco stesso.
Infatti, l'entità della risposta terapeutica dipende dalla quantità di farmaco che raggiunge la circolazione sistemica e quindi l'obiettivo terapeutico, ed è strettamente correlata alla via di somministrazione impiegata che ha, a sua volta, effetti sull'assorbimento e sull'eliminazione del farmaco.

Vale la pena ricordare che un farmaco può contenere uno o più princìpi attivi, vale a dire sostanze chimiche che possiedono attività terapeutiche; oltre a questi ultimi, rientrano nella composizione di un farmaco anche gli eccipienti, sostanze che non presentano alcuna attività terapeutica, sono infatti farmacologicamente inattive, ma veicolano i princìpi attivi favorendone, ad esempio, l'assorbimento all'interno dell'organismo.

vie di somministrazione

Come abbiamo detto, i farmaci possono essere somministrati per diverse vie (orale, intramuscolo, endovena, ecc.), ognuna delle quali presenta caratteristiche, vantaggi e svantaggi che possono influire notevolmente sull'effetto del farmaco introdotto nell'organismo.

12/06/11

Sondino nasogastrico

Sondino nasogastrico
Il sondino nasogastrico, i cui precursori risalgono al XVI secolo,1,2 può essere utilizzato per:
• aspirare il contenuto gastrico, anche in caso di occlusione intestinale;
• somministrare la nutrizione enterale;
• svuotare lo stomaco da contenuti pericolosi (gastrosi o lavanda gastrica);
• prevenire la distensione dello stomaco prima o dopo un intervento chirurgico, anche se non c’è
accordo in letteratura riguardo all’efficacia di questo utilizzo.3
Nell’inserimento del sondino nasogastrico occorre fare particolare attenzione ai seguenti
pazienti:
• non coscienti, se erroneamente si posiziona il sondino nelle vie aeree, il paziente potrebbe non
manifestare alcuna reazione;
• in stato confusionale o deliranti, per la maggior difficoltà della manovra e per il maggior rischio
di lesioni;
• con malformazioni o lesioni della cavità orale o dell’esofago, per la maggiore difficoltà nel
posizionamento;
• sottoposti a intervento chirurgico dell’esofago o dello stomaco, per il rischio di lesione delle
suture interne e per il pericolo di creare “false strade”;
• con varici esofagee in atto, per il rischio di creare lesioni della mucosa e di rimuovere gli
eventuali coaguli a parete appena formati.
Va fatta particolare attenzione quando si introduce un sondino nasogastrico nei pazienti con
trauma cranico, facciale o con rinorrea per il rischio di passaggio nello spazio endocranico
continua a leggere QUI

11/06/11

Lavoratori dipendenti: il CdM approva il decreto legislativo per il riordino delle regole in materia di permessi, congedi e aspettative

clip_image002Lavoratori dipendenti: il CdM approva il decreto legislativo per il riordino delle regole in materia di permessi, congedi e aspettative
Su proposta dei Ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, questa mattina il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi dei dipendenti sia pubblici che privati, così come richiesto al Governo dal 'collegato lavoro' (Legge n. 183 del 4 novembre 2010). Le modifiche  introdotte ridefiniscono i criteri e le modalità per la loro fruizione e consentono di eliminare alcuni dubbi interpretativi sulle disposizioni vigenti fino ad oggi. Si tratta di un provvedimento che da un lato favorisce i lavoratori che ne fanno richiesta, dall'altro stabilisce importanti misure restrittive al fine di evitare abusi o illeciti.
L'articolo 2 del decreto legislativo stabilisce che la lavoratrice possa richiedere il rientro anticipato al lavoro in caso di aborto o morte prematura del bambino.
L'articolo 3 definisce il prolungamento del congedo parentale per i genitori di bambini disabili, sciogliendo inoltre alcuni dubbi interpretativi: per ogni minore con handicap in situazioni di gravità, uno dei due genitori ha il diritto al prolungamento del congedo parentale entro l'ottavo anno di vita del bambino; i genitori di bambini disabili possono fruire alternativamente del congedo (6 mesi la madre, 7 mesi il padre, 11 mesi se insieme), in modo continuativo o frazionato per un periodo massimo di complessivi tre anni; viene previsto un prolungamento del congedo anche nel caso in cui uno dei due genitori debba assistere il minore ricoverato a tempo pieno in istituti specializzati.

10/06/11

CDKL5: una Malattia Rara del Cromosoma X

CDKL5: una Malattia Rara del Cromosoma X

(a cura dell'Associazione CDKL5)

Variante della più conosciuta sindrome di Rett, a differenza di quest'ultima la CDKL5 (o sindrome di Hanefeld) - individuata solo nel 2004 - ha un esordio molto precoce e può colpire sia i maschi che le femmine. I sintomi di questa Malattia Rara sono molteplici e riguardano in particolare l'ambito neurologico e quello visivo. Non esistono ancora cure, ma solo trattamenti per alcuni specifici aspetti

La CDKL5 (o sindrome di Hanefeld dal nome  di Markolf Hanefeld, che nel 1984 ne descrisse la variante a esordio precoce delle crisi) è una Malattia Rara, individuata solo nel 2004 in Australia da John Cristofolo.
Si tratta di una patologia degenerativa causata dall'alterazione di un gene denominato appunto CDKL5 e localizzato sul Cromosoma X. Per effetto della mutazione o delezione, la proteina codificata da tale gene non viene prodotta oppure viene prodotta in forma alterata, non funzionante.

08/06/11

Sindrome di Hutchinson-Gilford Progeria


clip_image002 Progeria
Progeria (Greco, “vecchiaia„) si riferisce specificamente a Sindrome di Hutchinson-Gilford Progeria.
La sindrome di Hutchinson-Gilford Progeria è uno stato estremamente raro in cui funzioni fisiche invecchiamento notevolmente sono accelerare e pochi bambini affected vivono oltre l'età 13. Circa 1 in 8 milione bambini è sopportato con questa circostanza. È uno stato genetico, ma accade sporadicamente e solitamente non è ereditato in famiglie.
Gli scienziati sono particolarmente interessati in progeria perché rivela gli indizii circa il processo normale di invecchiamento.[1][2][3]
Sintomi
I sintomi più iniziali includono omissione di prosperare (FTT) e localizzato dermatosclerosi- come lo stato della pelle. Come il bambino invecchia oltre infanzia, circostanze supplementari diventano apparente. Sviluppo limitato, alopeciae un'apparenza distintiva con la piccola faccia e mascella e naso intrappolato tutta è caratteristica del progeria. La gente diagnosticata con questa malattia ha solitamente piccoli, enti fragili come quelle della gente anziana.
Più successivamente la pelle spiegazzata cause di circostanza, aterosclerosi e cardiovascolare problemi.
Causa
La sindrome di Hutchinson-Gilford Progeria (HGPS) è un disordine di infanzia causato dalle mutazioni in una delle proteine architettoniche principali del nucleo delle cellule.

06/06/11

Mucopolisaccaridosi e malattie lisosomiali affini

Mucopolisaccaridosi e malattie lisosomiali affini

(a cura dell'AIMPS*)

le mucopolisaccaridosi e le malattie lisosomiali affini ad esse, rare e gravi patologie genetiche del metabolismo che si dividono in numerose forme

Le mucopolisaccaridosi sono rare e gravi malattie genetiche del metabolismo che si distinguono nelle seguenti forme:
- MPS I (detta anche sindrome di Hurler-Scheie)
- MPS II (sindrome di Hunter)
- MPS III (sindrome di Sanfilippo, nelle varianti A, B, C e D)
- MPS IV (sindrome di Morquio, nelle varianti A e B)
- MPS V: riclassificata come MPS I (sindrome di Scheie)
- MPS VI (sindrome di Maroteaux-Lamy)
- MPS VII (sindrome di Sly)
- MPS VIII: riclassificata come MPS I (sindrome di Hurler-Scheie)
- MPS IX (deficit di ialuronidasi)
Delle malattie lisosomiali affini alle MPS si conoscono poi:
- Aspartilglicosaminuria
- Fucosidosi
- Gangliosidosi
- GM1
(sindrome di Landing)
- GM2 (sindrome di Tay Sachs o Sandhoff)
- Malattia di Fabry
- Mannosidosi
- Mucolipidosi II
(I cell)
- Mucolipidosi III (polidistrofia pseudo Hurler)
- Mucolipidosi IV
- Sialidosi
Cause e conseguenze

04/06/11

Trauma cranico e nozioni di primo soccorso

Trauma cranico e nozioni di primo soccorso

Il trauma cranico rappresenta per frequenza e per impiego di risorse, uno dei maggiori problemi sanitari.
In Italia c’è una incidenza tra le più alte dei paesi industrializzati ; almeno 200-300 persone per 100.000 abitanti, ogni anno sono ricoverate in ambiente ospedaliero dopo un trauma cranico, con mortalità di 10 casi su 100.000 abitanti / anno.
Il trauma cranico è responsabile del 50% di tutte le morti traumatiche e del 2% di tutti i decessi.
L’incidenza più alta è nei giovani, con picco tra i 15 ed i 24 anni e picchi secondari comprendenti i bambini e gli anziani.
La fine della primavera e l’estate rappresentano i periodi annuali in cui avvengono più traumi cranici, mentre il venerdì ed il sabato (pomeriggio e notte) i giorni della settimana a più alta frequenza.
Le lesioni traumatiche dell'encefalo possono essere distinte in danno cerebrale primario (danno assonale diffuso, danno focale) e secondario (sistemico ed intracranico).
Il danno primario si verifica immediatamente al momento dell'impatto e per la sua cura non esiste alcuna terapia specifica: l'unico provvedimento attuabile per limitarne le conseguenze è la prevenzione del trauma o far sì che esso avvenga nelle condizioni di massima protezione.
Il danno secondario invece si sviluppa solo successivamente come conseguenza di lesioni verificatesi al momento dell'impatto ed è rappresentato dall’ipotensione arteriosa, dall'ipossia, dalle raccolte ematiche intracraniche e dall’edema cerebrale. Questo tipo di danno è trattabile e potenzialmente prevenibile.
La prevenzione del danno secondario, perciò definita come prevenzione secondaria, ed il suo pronto trattamento sono condizione indispensabile per migliorare i risultati della cura dei traumatizzati cranici. Se ciò è valido per i traumatizzati cranici gravi lo è in misura maggiore per quanto riguarda quelli lievi e moderati. Questi sono pazienti per lo più clinicamente asintomatici, che hanno riportato un minimo danno cerebrale al momento del trauma, ma che in circa il 10 % dei casi presentano un successivo deterioramento neurologico.
Questi casi hanno grande rilevanza sociale perché costituiscono circa l'85 % dei traumi cranici osservati.

03/06/11

Escherichia Coli

Escherichia Coli
Escherichia coli (abbreviato solitamente con E. coli) è la specie più nota del genere Escherichia: al suo interno si distinguono almeno 171 sierotipi caratterizzati da diverse combinazioni degli antigeni O, H, K, F. È una delle specie principali di batteri che vivono nella parte inferiore dell'intestino di animali a sangue caldo (uccelli e mammiferi, incluso l'uomo), sono necessari per la digestione corretta del cibo. La sua presenza nei corpi idrici segnala la presenza di condizioni di fecalizzazione (è il principale indicatore di contaminazione fecale, insieme con gli enterococchi). Il nome deriva dal suo scopritore, Theodor Escherichia. Appartiene al gruppo degli enterobatteri ed è usato comunemente come organismo modello dei batteri in generale.
Il numero di cellule di E. coli nelle feci che un umano espelle in un giorno va dai 100 miliardi (10^11) ai 10 trilioni (10^19). Il genere Escherichia, insieme altri generi (Enterobatteri, Klebsiella, Citrobacter, Serrati, ecc.) vengono raggruppati insieme sotto il nome di coliformi. Tecnicamente il "gruppo dei coliformi" comprende batteri aerobi e anaerobi non sporigeni.
Nell’ambito del gruppo dei coliformi, Escherichia coli è ampiamente rappresentata ed è in esclusivo rapporto con il tratto gastrointestinale dell’uomo e degli animali a sangue caldo, a differenza dei microrganismi appartenenti a diversi generi, tra cui Enterobacter, Klebsiella e Citrobacter che si caratterizzano per una potenziale capacità di ricrescita una volta pervenuti nell’ambiente. La specie Escherichia coli è un microrganismo a forma di bastoncello, gran-negativo, aerobio ed anaerobio facoltativo, non sporigeno, che cresce alla temperatura di 44,5 °C, lattosio-fermentante, indolo-positivo in terreni contenenti triptofano, beta-D-glucuronidasi-positivo. In letteratura, la presenza di questo enzima è stata evidenziata nel 94-99,5 % dei biotipi di Escherichia coli, con l'eccezione dei sierotipi O157:H7.

30/05/11

RACCOMANDAZIONE PER LA PREVENZIONE DEGLI ERRORI IN TERAPIA

med8       RACCOMANDAZIONE PER LA PREVENZIONE DEGLI

      ERRORI IN TERAPIA CON FARMACI “LOOKALIKE/

     SOUND-ALIKE”

Gli errori riferiti all’uso dei farmaci “Look-Alik/Sound-Alike”, ossia

farmaci LASA, possono causare danni anche gravi

Gli errori in terapia occorsi più frequentemente sono riferiti all’uso dei

farmaci che possono essere facilmente scambiati con altri per la

somiglianza grafica e/o fonetica del nome e per l’aspetto simile delle

confezioni. Tali errori possono verificarsi in qualsiasi fase della

gestione del farmaco sia in ambito ospedaliero che territoriale.

La presente Raccomandazione si pone come strumento per la

prevenzione degli eventi avversi dovuti ad errori in corso di terapia

farmacologica con farmaci “Look-Alike/Sound-Alike”.

Continua a leggere QUIclip_image002

29/05/11

Ruolo dell'Infermiere e demansionamento

Ruolo dell'Infermiere e demansionamento
clip_image002L'Infermiere è riconosciuto quale professionista che si prende cura dell'assistito, in alcune realtà è
responsabile della gestione dei “codici bianchi” all’interno del servizio di Pronto Soccorso. Purtroppo ancora in tante altre realtà l'infermiere, ma anche altri professioni sanitarie con laurea triennale, vengono considerati ed utilizzati in modo inappropriato e talvolta gravemente demansionati, più spesso per ignoranza di medici e direttori di struttura, titolari di posizioni organizzative ed altri.