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08/07/11

Distrofia muscolare di Duchenne-Becker

Distrofia muscolare di Duchenne-Becker

Cos'è e come si manifesta la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker?

La distrofia muscolare di Duchenne (Dmd) e la distrofia muscolare di Becker (Dmb) sono due varianti, rispettivamente più e meno grave, della stessa malattia neuromuscolare caratterizzata dall'assenza, dalla carenza o dall'alterazione di una proteina chiamata distrofia. Queste condizioni portano a degenerazione del tessuto muscolare, che provoca una progressiva perdita di forza muscolare, con riduzione delle abilità motorie. Nella distrofia muscolare di Duchenne la distrofia è del tutto assente; i bambini colpiti spesso imparano a camminare in ritardo e, intorno ai 5 anni, mostrano un'andatura particolare, difficoltà a fare le scale, ingrossamento (ipertrofia) dei polpacci. La malattia progredisce causando grave scoliosi, perdita della deambulazione entro i 12 anni e, in seguito, perdita della funzione degli arti superiori. Anche i muscoli respiratori e il cuore sono coinvolti e sono proprio le complicanze cardiache e respiratorie a ridurre l'aspettativa di vita di questi pazienti. In alcuni casi ci può essere un deficit cognitivo, di entità molto variabile. Nella distrofia muscolare di Becker la distrofia è ridotta o alterata, ma mai assente. A livello motorio, le manifestazioni di questa forma ricalcano quelle della distrofia muscolare di Duchenne, ma in forma più lieve e con esordio più tardivo. Le complicazioni cardiache costituiscono il problema principale: se vengono riconosciute e curate in tempo, l'aspettativa di vita di questi pazienti è normale.
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Come si trasmette la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker?

05/07/11

Malattie rare, il calvario delle famiglie



             Malattie rare, il calvario delle famiglie
Malattie rare: ancora nel 2011 queste parole si trovano ad essere in qualche modo sinonimo di calvario. Per le famiglie, per le persone malate. Non  si tratta solo del problema prettamente fisico di affrontare una patologia quasi sconosciuta, ma anche di quello organizzativo relativo all’ avere a che fare con una burocrazia lenta e non aggiornata.
E spesso solo la rete rappresenta un alleato. Perché i problemi sono molti, la conoscenza poca, e per trovare del sostegno specializzato od ottenere semplicemente una diagnosi, non di rado passano anni.
Vi sono malattie rare tipo la Sindrome di Kabuki, che solo recentemente hanno trovato il giusto sostegno a livello medico. Ma gli specialisti in tal senso sono pochi. E per ottenere delle cure appropriate, bisogna spostarsi, con il conseguente carico economico e di stress. Specialmente se si tratta di bambini. Perché quando si parla di particolari sindromi,  sono proprio loro le piccole vittime. Ed immaginate un bambino di qualche mese o di pochi anni sottoposto a veri e propri viaggi della speranza corredati da un continuo avvicendarsi di esami specialistici, risonanze magnetiche.
Uno stress inappropriato, ma necessario. Al quale ovviamente, scoperta la malattia, si aggiunge l’ignoranza della gente. Perché spesso e volentieri i malati di malattie rare sono sottoposti ad un trattamento quasi “razzista”. Squadrati dalla testa ai piedi, quasi in ogni occasione, alla sofferenza fisica debbono aggiungere quella psicologica derivante non solo dall’essere dipendenti da terapie di ogni sorta, ma anche dall’allontanamento, più o meno volontario, da parte dei coetanei.
E se una malattia come la mucopolisaccaridosi, di gravità variabile a seconda della tipologia, porta quasi sempre all’indossare un busto per tentare di mantenere un corretto sviluppo dello scheletro, vi sono tante patologie per le quali, il sistema sanitario nazionale, pur riconoscendole invalidanti, non passa i farmaci.
Ciò che la maggior parte della famiglie lamentano è però  la lentezza della burocrazia, ed in qualche modo la sua ignoranza. Essere affetti da una malattia rara nella maggior parte dei casi significa combattere continuamente con gli uffici preposti sul territorio per il riconoscimento dell’invalidità e tutte le pratiche assistenziali ad essa correlata.


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04/07/11

Osteogenesi imperfetta

  Osteogenesi imperfetta

Sinonimo/i
Malattia delle ossa di vetro
Malattia delle ossa fragili
Malattia di Lobstein
Malattia di Porak e Durante
OI
Osteopsatirosi
Riassunto
L'osteogenesi imperfetta (OI) comprende un gruppo eterogeneo di malattie genetiche caratterizzate da un aumento della fragilità scheletrica, una diminuzione della massa ossea e una suscettibilità alle fratture ossee di gravità variabile. La prevalenza è stimata tra 1/10.000 e 1/20.000. L'età di esordio dipende dalla gravità della malattia. A livello clinico, sono state identificate cinque forme di OI. Il segno clinico più rilevante in tutti i tipi di OI è la fragilità scheletrica, che si manifesta con fratture multiple. L'osteogenesi imperfetta tipo 2 è letale, il tipo 3 è grave, i tipi 4 e 5 sono moderati e il tipo 1 è lieve (si vedano questi termini). Il tipo 1 non produce deformazioni ed è caratterizzato da una statura normale o solo leggermente bassa, sclere blu e assenza di dentinogenesi imperfetta (DI; si veda questo termine). I pazienti affetti dal tipo 2 presentano alla nascita fratture multiple delle coste e delle ossa lunghe, deformità significative, allargamento delle ossa lunghe, diminuzione della densità cranica sulle radiografie e sclere scure. I segni principali del tipo 3 sono la statura molto bassa, la faccia triangolare, la scoliosi grave, le sclere grigie e la DI. Il tipo 5 è caratterizzato da statura da moderatamente a leggermente bassa, dalla dislocazione della testa del radio, dalla mineralizzazione delle membrane intraossee, dalla formazione di calli ossei iperplasici, da scere bianche e dall'assenza della DI. Sono stati osservati altri tipi geneticamente diversi (tipi 6-9), che non sono clinicamente diversi dai tipi 2-4. Nel 95% dei casi, l'OI è dovuta alle mutazioni dei geni COL1A1 e COL1A2 (17q21.33 e 7q21.3) che codificano per le catene alfa1 e alfa2 del collagene tipo I. Tutti i cinque tipi clinici dell'OI sono dovuti a queste mutazioni. La trasmissione è autosomica dominante. Sono state osservate forme autosomiche recessive di OI, dovute a mutazioni dei geni LEPRE1, CRTAP e PPIB (1p34.1, 3p22 e 15q21-q22). Le forme autosomiche recessive sono sempre gravi se si associano a ipotonia grave. La diagnosi si basa sui segni scheletrici ed extra-scheletrici. Gli esami radiologici rivelano osteoporosi e ossa simil-wormiane. La densitometria conferma la diminuzione della massa ossea. Le diagnosi differenziali si pongono con le diagnosi prenatali di condrodisplasia, l'osteoporosi giovanile idiopatica, la sindrome osteoporosi-pseudoganglioma, le sindrome di Cole-Carpenter e di Bruck, l'iper- o l'ipofosfatasia, la forma panostotica della displasia fibrosa (si vedano questi termini), le lesioni non accidentali (fratture multiple senza osteoporosi) e l'osteoporosi secondaria a terapia, malnutrizione, malattia metabolica o leucemia. La presenza di fratture multiple non deve essere confusa con gli abusi sul minore. La diagnosi può essere sospettata in epoca prenatale mediante ultrasonografia e/o confermata dalle analisi molecolari sugli amniociti o sui villi coriali, se è stata identificata la mutazione-patogenetica nella famiglia. La presa in carico deve essere multidisciplinare (medica, ortopedica, fisioterapica e riabilitativa). La terapia standard per le forme gravi si basa sui bifosfonati con forti proprietà di contrasto sull'assorbimento dell'osso, che non sono tuttavia in grado di curare la malattia. Durante tutta la vita del paziente, è fondamentale la prevenzione del deficit di vitamina D e di calcio. Il trattamento chirurgico è essenziale per la correzione delle deformità scheletriche e della colonna e la prevenzione delle fratture delle ossa lunghe (osteosintesi centromidollare). La fisioterapia precoce migliora l'autonomia del paziente attraverso la valutazione dei deficit motori, la riduzione del rischio di cadute e la promozione dell'attività fisica. La prognosi funzionale dipende dalla gravità della malattia e dalla qualità della presa in carico. La prognosi quad vitam dipende dalla gravità delle complicazioni respiratorie associate alle deformità della colonna. *Autore: Dr. V. Forin (Marzo 2010)*.