Sono
difetti dovuti alla carenza di uno o più fattori plasmatici della
coagulazione, congeniti o acquisiti. Tra le forme congenite ricordiamo:
A) Emofilia A
Compare solo nel maschio, perchè il deficit è legato al cromosoma sessuale
X, ed è dovuto al deficit del fattore plasmatico VIII. Il deficit è solo
della parte coagulante del fattore e può essere quantitativamente
variabile, così da indurre quadri clinici
diversi: nell’emofilia A grave il
valore del fattore VIII è dello 0-2% e sono frequenti gli ematomi e gli
emartri (emorragie delle cavità articolari) in età infantile spontanei più
o meno gravi; emofilia A moderata, con una percentuale di fattore VIII del
2-5% ed emofilia A lieve, con fattore del 5-25%, in cui gli emartri sono
rari e si hanno emorragie solo dopo interventi chirurgici. Le
manifestazioni emorragiche più frequenti sono gli emartri, gli ematomi
(versamenti ematici sottocutanei o muscolari), le emorragie del sistema
gastro-enterico e uro-genitale, le epistassi (sanguinamento dal naso), le
emorragie post-intervento chirurgico anche lieve (ad esempio le estrazioni
dentarie). Le prove di laboratorio evidenziano allungamenti delle prove di
coagulazione, ma la diagnosi si effettua solo dosando il fattore VIII.
La terapia si basa sulla terapia sostitutiva con il fattore VIII: le dosi
dipendono dalla sede e dalla gravità emorragica in atto. I concentrati sono
a vario grado di purezza o ricombinanti o prodotti purificati con anticorpi
monoclonali. Gli emoderivati vengono purificati sottoponendoli a virus in
attivazione con vari metodi come la pastorizzazione o l’uso di
solventi/detergenti. I livelli di fattore VIII richiesti variano da 10-15
U/kg per emorragie lievi a 40-50 U/kg per emorragie gravi. L’emofilia A di
grado lieve viene trattato con desmopressina, farmaco che permette il
rilascio di fattore VIII dalle cellule endoteliali, se usato al dosaggio di
0,3 ?g ripetuto ogni 12 ore. La terapia si somministra per 1-2 giorni e la
risposta è variabile da soggetto a soggetto. Nei pazienti emofilici si può
utilizzare la terapia antifibrinolitica in casi di emorragie delle mucose.
B) Emofilia B
Anche questa è trasmessa geneticamente attraverso il cromosoma X, ma è
molto più rara, con un quadro clinico sovrapponibile a quello dell’emofilia
A. Il difetto riguarda il fattore IX. La terapia prevede la terapia
sostitutiva con concentrati di fattore protrombinico, che contengono il
fattore IX, la protrombina ed i fattori X e VII. La concentrazione raggiunta
dal fattore IX con la terapia è solo il 50% di quella ì somministrata,
quindi la dose necessaria è circa il doppio di quella prevista per
l’emofilia A grave. Vista però la lunga emivita, è possibile somministrare
solo una dose giornaliera. Sono attualmente in commercio concentrati di
fattore IX altamente purificati o ricombinanti; questi ultimi richiedono
dosi più alte.
C) Emofilia C
E’ ancora più rara ed il difetto, che riguarda il fattore XI è trasmesso
come deficit autosomico recessivo. Le manifestazioni sono molto più rare e
più lievi dei difetti precedenti, si hanno emorragie dopo interventi
chirurgici e dopo traumi importanti.
D) Malattia
di Von Willebrand
E’ un deficit autosomico dominante, caratterizzato da lievi emorragie
cutanee e mucose, con diverse varianti. Il deficit è dovuto alla carenza
più o meno variabile di una parte di fattore VIII che regola il legame
della piastrina alla parete dell’endotelio dei vasi. Le manifestazioni
emorragiche sono uguali a quelle di un difetto piastrinico, con epistassi,
menorragie e gengivorragie. La terapia della emofilia è quella di
somministrare il fattore carente, sotto forma di preparato commerciale
contenente fattore concentrato, che si utilizza a vari dosaggi in base al
peso corporeo del paziente ed in base al tipo di emorragia in atto. Nella
sindrome di Von Willebrand si somministra DDAVP, che è un derivato
sintetico dell’ormone antidiuretico, in grado di innalzare i livelli di
fattore VIII di 3-5 volte. Nelle forme resistenti si somministra terapia
sostitutiva con concentrati plasmatici di fattore VIII e di fattore von
Willebrand. Esistono poi altre forme di coagulopatie congenite più rare,
dovute a deficit di altri fattori che sono necessari nel complesso sistema
della coagulazione. Sono deficit scoperti a volte a livello di intere
famiglie, trasmessi per lo più come deficit di tipo autosomico recessivo,
che richiedono una terapia sostitutiva. Questa si esegue solo nelle
condizioni di gravi manifestazioni emorragiche. Ricordiamo il deficit di
protrombina, il deficit di fattore V o il deficit di fattore VII.
Le coagulopatie acquisite dipendono da un deficit di sintesi epatica
primitivo (gravi malattie del fegato) o secondario a deficit di vitamina K
(che regola i processi di sintesi epatica dei vari fattori della
coagulazione).
A) Deficit epatici
Sono ridotti i fattori VII, IX, X, XIII, fibrinogeno e protrombina. Anche
altri fattori possono essere carenti, tra cui alcuni inattivatori dei
processi di coagulazione che possono essere carenti; può esserci anche una
piastrinopenia per il sequestro di piastrine dovuto alla presenza di una
splenomegalia. Prevalgono le emorragie del sistema gastro-enterico e sono
anche frequenti le epistassi, le ecchimosi e le emorragie post-intervento.
B) Deficit di vitamina K
Una carenza si può avere per un deficit di assorbimento o per l’uso di
farmaci antagonisti, come nel caso dei farmaci usati per la terapia
anticoagulante. Le manifestazioni emorragiche sono epistassi, ematuria,
emorragie dal tubo gastro-enterico. La terapia consiste nella
somministrazione di vitamina K per via parenterale.
C) Presenza di inibitori della coagulazione
Possono essere di due tipi:-specifici contro il fattore VIII, come si
osserva in alcuni pazienti affetti da lupus eritematoso. -immunoglobuline
mono- o policlonali diretti contro alcuni fattori, come nel caso di
malattie autoimmuni o di sindromi linfoproliferative.
Coagulazione intravasale disseminata
Con questo termine si intende una sindrome emorragica e trombotica, a
decorso acuto o cronico, legata a fattori esterni in grado di attivare i
sistemi coagulativi, portando ad un consumo di piastrine e di fattori
coagulativi. Tra le cause che possono scatenare un processo di questo
genere ricordiamo: - liberazione in circolo di grandi quantità di sostanze
estranee ad azione tromboplastinica (cioè in grado di innescare il sistema
coagulativo), come in alcune patologie ostetriche, nelle ustioni estese o
in alcune neoplasie (es. leucemia acuta promielocitica) - liberazione di
sostanze tossiche provenienti dai batteri - complessi formati da
antigene+anticorpo circolanti – shock - danno dei vasi Nella forma acuta
abbiamo manifestazioni emorragiche, con sanguinamenti profusi, porpora,
ematomi, epistassi, etc. e può essere a decorso rapido e fatale, mentre
nella forma cronica il decorso è meno drammatico e la diagnosi è
prevalentemente di laboratorio. La terapia consiste nella rimozione della
causa e nell’uso del plasma fresco ed eventualmente (valutando la
situazione) nell’impiego dell’eparina. Con la trasfusione di plasma vengono
somministrati vari fattori coagulativi che possono essere carenti e anche
gli inibitori fisiologici della coagulazione così da controllare la
sintomatologia emorragica.
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