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13/06/12

Il dolore nell'Infanzia

clip_image002Il dolore nell'Infanzia

                                                        Prof Franca Benini
Per molto tempo il dolore, il sintomo forse più temuto della malattia e del ricovero, ha ricevuto nella pratica medica e nella ricerca, limitata attenzione. E se questo è vero per l'adulto, ancor di più lo è per il bambino.
Fino a pochi anni fa, infatti, si pensava che il neonato ed il bambino non provassero dolore con la stessa intensità dell'adulto. False convinzioni, preconcetti ed equivoci "scientifici" riguardo il dolore ed il suo trattamento, come pure reali difficoltà di valutazione e scarsità di ricerche e studi, hanno fatto si che il problema dolore, e di conseguenza le necessità analgesiche ed anestetiche in età pediatrica e neonatale,, venissero spesso sottovalutate. (1-2)
Negli ultimi due decenni però, l'interesse nei confronti di questo problema è gradualmente aumentato:


  • Studi anatomici e fisiologici hanno dimostrato che già dalla 24° settimane di gestazione il Sistema Nervoso è anatomicamente e funzionalmente adeguato per la nocicezione, anzi maggiore sembra esserne l'eccitabilità per carenza dei sistemi di modulazione inibitori e per l'alta concentrazione di recettori. Pertanto, quanto più giovane è il paziente, tanto minore è l'inibizione (centrale e periferica) al progredire della sensazione dolorosa verso le strutture centrali e tanto maggiore è quindi, a parità di stimolo, l'entità di dolore provato. (3-4-5)
  • Sono stati confermati anche per il neonato ed il bambino gli effetti negativi legati al dolore non controllato, effetti che possono compromettere la prognosi clinica attuale ed a distanza. (6)
  • Molti progressi sono stati fatti in ambito dell'algometria: vari ricercatori hanno messo a disposizione diverse proposte: autovalutative, fisiologiche e comportamentali (7-8).
  • Anche per quanto riguarda l'approccio terapeutico attualmente si può contare su molteplici presidi: farmacologici, fisici e psicologici. Molti studi di farmacocinetica e farmacodinamica hanno puntualizzato indicazioni e limiti all'uso di farmaci antalgici; l'OMS ha stabilito una scala graduata d'interventi in base alle caratteristiche e all'entità del dolore; le paure legate alla dipendenza ed alla tolleranza dei farmaci narcotici sono state ridimensionate; le indicazione all'uso dei FANS sono state puntualizzate, la positività dell'uso dei farmaci adiuvanti è stata ormai confermata come pure l'efficacia di molte tecniche anestesiologiche. (9-10-11)
Oltre a ciò sempre più frequenti sono le segnalazioni in letteratura riguardo l'efficacia e la validità antalgica anche in età pediatrica, delle metodiche non farmacologiche (psicologiche e fisiche).(9)
Questa quindi la situazione: si è certi che il bambino sente il dolore, è possibile valutare quali e quantitativamente la sensazione dolorosa e molteplici sono le possibilità terapeutiche a disposizione.
Si può pertanto affermare che attualmente le conoscenze acquisite, anche se non certamente complete, sono così vaste e consolidate da consentire una pratica routinaria dell'analgesia anche in ambito pediatrico. Nonostante ciò, a livello clinico, siamo ancora lontani da una situazione ottimale. Infatti, numerosi lavori della letteratura hanno dimostrato e dimostrano chiaramente, che il dolore del bambino continua ad essere oggetto di un'attenzione limitata ed a essere trattato con una energia molto minore di quella impiegata nell'età adulta. Il gap fra conoscenza scientifica disponibile e comportamento osservato identifica un importante deficit di ricaduta della ricerca sulla qualità delle cure.
Invece, l'ampiezza del “problema dolore” nell'età pediatrica è notevole. I numeri parlano da soli: si stima che più dell'80% dei ricoveri in ambiente ospedaliero pediatrico siano dovuti a patologie che comportano, tra l'altro, anche dolore. Entrando più nello specifico si comprende come nell'ambito di alcune discipline, quali ad esempio la terapia intensiva pediatrica e neonatale, la chirurgia, la reumatologia, l'oncologia, il problema controllo del dolore sia parte integrante dell'approccio quotidiano al bambino malato. Ancora un esempio per esprimere con i numeri il problema: 130 nuovi casi anno di neoplasie per milione di bambini di età inferiore a 15 anni. Una percentuale compresa fra il 50 ed il 57% di questi pazienti presenta nella loro storia una sintomatologia dolorosa : la percentuale sale al 100% se al dolore da patologia si aggiunge il dolore da manovre invasive. Altro esempio: un neonato pretermine presenta una importante quantità di manovre dolorose: una ogni 45 minuti per neonati di peso < a 800g, una ogni 2 ore per neonati di peso superiore a 1000g.

Non è certamente facile definire l'approccio migliore al dolore del bambino: approccio che deve essere in ogni caso globale, individualizzato ed efficace. In linea generale possiamo definire alcuni concetti base che devono guidare le scelte terapeutiche e comportamentali:
  1. Il dolore nella maggior parte dei casi è risultato di molteplici fattori: la malattia stessa, le procedure e la terapia, la depressione, l'immobilità.. Diventa pertanto in questa ottica, essenziale proporre un intervento globale: inteso come un equilibrato compendio fra metodiche farmacologiche e non. L'obiettivo deve essere quello di togliere il dolore, ottimizzare il livello di vita del bambino e minimizzare lo stress e la paura.
  2. E' importante definire se possibile, l'eziopatogenesi del dolore (dolore nocicettivo, neuropatico, psichico, misto...), e stabilire un intervento terapeutico mirato. In ambito farmacologico, la scelta deve considerare l'entità del dolore e deve propendere per le metodiche meno invasive, sia come modalità di somministrazione che come invasività in termini di vita sociale e relazionale. La prescrizione deve essere eseguita alla dose corretta per l'età del paziente, con somministrazioni ad orario fisso in modo da evitare l'insorgenza di "buchi" di dolore. In ambito non farmacologico la scelta del metodo deve tener conto dell'età del bambino, del tipo di dolore e delle risorse e competenze disponibili.
  3. Soprattutto nella gestione del dolore cronico con i bambini e con la sua famiglia si instaura frequentemente un rapporto interpersonale molto stretto e talvolta difficile da gestire: é importante che il programma terapeutico scelto venga presentato e discusso col bambino (quando possibile) ed i genitori. L'informazione onesta e chiara sulle scelte terapeutiche e sui probabili risultati, permette una collaborazione positiva sia nella valutazione del dolore che nella gestione della fase terapeutica.
  4. Altro fattore molto importante per l'efficacia di un programma antalgico è la necessità di un monitoraggio continuo dell'andamento del dolore e della risposta ai farmaci: valutazione che prevede oltre alla definizione delle caratteristiche quali e quantitative del dolore stesso, anche l'individuazione di tutti quei parametri che possono modulare in senso negativo l'andamento del sintomo.
  5. E' necessario inoltre, togliere o limitare il più possibile il dolore preventivabile: per es dolore da procedura, postoperatorio, effetti collaterali da farmaci ecc. tamponando così quegli effetti negativi sia fisici che psichici che aggravano ulteriormente una situazione di base spesso di per sè pesante. 
L'obiettivo è quello di far si che valutazione e controllo del dolore nelle sue diverse modalità d'intervento, diventino parte integrante del programma terapeutico e fattore importante nella valutazione della qualità delle cure

Il dolore e le scale di misurazione

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BIBLIOGRAFIA
1. McGraw M.D. (1941). Neural mechanism as exemplified in the changing reaction of the infant to pinprick. Child Dev., 9: 31-41.
2. Swafford L.I.,Allan D. (1968). Pain relief in the pediatric patient. Med Clin. North Am., 52: 131-136.
3. Fitzgerald M., Millard C., MacIntosh N. (1988). Hyperalgesia in premature infants. Lancet, 6 (1):292.
4. Anand K.J.S., Hickey P.R. (1987). Pain and its effects in the human neonate and fetus. N.Engl.J.Med., 317:1321-1329.
5. Latson J. (1988). Pain in the neonate and fetus (letter). N.Engl.J.Med., 318:1398.
6. Grunau R.E. (1998). Long-term Effects of Pain. Res. and Clin. Forums, 20 (4): 19-29.
7. Abu-Saad H. H. (1998). Assessment of pain in infants. Res. and Clin. Forums, 20 (4): 31-41.
8.Lawrence J., Alcock D., McGrath P, Kay J., MacMurray S.B., Dulberg C. (1993). The development of a tool to assess neonatal pain. Neonat. Netw., 12: 59-66.
9. Schechter N.L., Berde C.B., Yaster M. (1993). Pain in Infants, Children, and Adolescents.Williams & Wilkins, Baltimore.
10. Schechter N.L. (1991). La clinica pediatrica del Nord America- Dolori acuti nei bambini.
Vol. 24 n.1, Piccin ed., Padova.

11. Anand K.J.S., McGrath P. J. (eds) (1993). Pain in neonates. Pain Res. and Clin. Manag.,Vol.5, Elsevier, Amsterdam.
12. McLaughlin C.R., Hull J.G., Edwards W.H., Cramer C.P., Dewey W.L. (1993). Neonatal pain: a comprehensive survey of attitudes and practices. J. Pain Symp. Manag., 8: 7-16.
13. Johnston C.C., Collinge J.M., Henderson S.J., Anand K.J.S. (1997). A cross-sectional survey of pain and pharmacological analgesia in Canadian neonatal intensive care units. Clin. J. Pain, 13: 308-312.
Fonte: http://www.anestesiarianimazione.com/default2.htm

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