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23/03/11

malattia di von Willebrand

 
       malattia di von Willebrand
Il morbo di von Willebrand è la più frequente patologia coagulativa ereditaria, interessando indifferentemente sia uomini che donne, con una prevalenza di circa un paziente ogni 100 abitanti.
Esistono varie forme di questa patologia, da forme molto lievi, (le più frequenti) a più severe, estremamente più rare (c.a.1,5/milione di abitanti), che vengono classificate sia basandosi su indagini di laboratorio, che sulla loro espressione clinica.
La presentazione di due casi clinici può esser utile ad addentrarci in questa patologia
CASI CLINICI
1) P.N. è una bambina dodicenne pallida e simpatica, con gli occhiali, e qualche occhiaia di troppo. La madre la accompagna quasi controvoglia e le domande sul menarca (la prima mestruazione) la imbarazzano più che alla figliola. Per P.N. lo studio non eccelle da un po' di tempo a questa parte e tutto le sembra perdere interesse... Le origini della famiglia sono Venete e chiedo uno screening per individuare una delle forme di anemia genetica di cui la nostra Italia è ricca, la talassemia; a questa associo il bilancio marziale, lo studio del von Willebrand, e intanto continuo il colloquio. La bambina è sempre stata la prima della classe, ma dal menarca in poi, si è applicata sempre meno, e poi ogni volta che torna dalla palestra (da fisica, come dice lei), ha del sangue dal naso che non le dà tregua. Fatti i test si riscontra un'anemia marcata con emoglobina a 8 g/dl, ed una positività al von Willebrand, che bene ha risposto alla terapia con DDAVP. La terapia con ferro ha fatto il resto, cancellando quelle piccole occhiaie, mentre siamo in attesa dei miglioramenti scolastici.
2) A.G. è una barista venticinquenne che lavora sulla Costa Romagnola; sportiva, vivace, riferisce di avere da tempo il problema che a fine serata lavorativa,  specialmente in estate, si ritrova con il ginocchio destro indolenzito e gonfio. La sua ginecologa, vista la concomitanza di ciclo abbondante, la riferisce alla nostra attenzione per una valutazione. L’aspetto abbronzato nasconde bene la lieve anemizzazione della Paziente, e l’esame obiettivo evidenzia niente di più che  un ginocchio lievemente gonfio. La storia personale è però caratterizzata da vari piccoli episodi di epistassi, e da una stanchezza periodica, quest’ultima non in linea con il carattere brillante di A.G.. I test di laboratorio dimostrano un von Willebrand di tipo 1 con bassi livelli di vWAg e vWRcof, e l’eco color doppler del ginocchio destro evidenzia segni di ipertrofia sinoviale, probabilmente reattivo a gemizio intrarticolare. Diagnosi: Morbo di von Willebrand di Tipo 1 di grado moderato/severo.
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La causa di questa patologia è un deficit od una alterazione di una proteina solubile del sangue, chiamata fattore di vonWillebrand, dal nome del suo scopritore, Erik A. vonWillebrand, che descrisse la sindrome nel 1926, studiando la sintomatologia emorragica cui era affetta una famiglia  proveniente dalle isole Alan, in Svezia. Questa proteina interagisce con le piastrine, permettendone la loro normale funzionalità e funge da trasporto e protezione per un fattore della coagulazione, il Fattore VIII.
Caratteristica della sindrome da lui scoperta era  la presenza di sanguinamenti muco-cutanei, un tempo di sanguinamento prolungato in presenza di una conta piastrinica normale e test coagulativi nella norma. Von Willebrand poté quindi distinguerla dalla emofilia e dalla tromboastenia di Glanzmann e la definì “pseudo emofilia ereditaria”.
Sarebbero stati necessari quasi 50 anni di studi e ricerche prima di poter purificare dal plasma  la  proteina addetta a queste funzioni,  chiamata in suo onore “Fattore von Willebrand”.
VON WILLEBRAND, CRONOLOGIA DI UNA SCOPERTA:
1926: Descrizione della “Pseudo emofilia Ereditaria da parte di Erik A. von Willebrand”
1959: I Blomback dimostrano che una frazione del plasma può accorciare il tempo di  sanguinamento nei pazienti affetti da Morbo di von Willebrand
1963: Dimostrazione di deficit di adesività piastrinica nei pazienti affetti
1970: Purificazione del Fattore von Willebrand
1977: Introduzione della terapia con DDAVP
1985: Cloning del von Willebrand Factor DNA
1994: Classificazione attuale del von Willebrand
QUANDO SOSPETTARE UN MORBO DI VON WILLEBRAND ?
I sintomi principali sono costituiti dalla facilità alle ecchimosi, da ematomi non proporzionali all'intensità del trauma, epistassi (sanguinamento dal naso), gengivorragie (sanguinamenti dalle gengive), mestruazioni abbondanti o prolungate, sanguinamenti gastroenterici (raramente).
Importanti sintomi sono anche connessi a situazioni chirurgiche od odontoiatriche, quali estrazioni dentali, interventi chirurgici o parti con storia di sanguinamento prolungato, che talvolta richiedono apporto trasfusionale.
E' assai frequente che giungano alla nostra osservazione pazienti con una lunga storia di perdite ematiche, spesso sottovalutate o mal interpretate, essendo i vari parametri emocoagulativi nella norma, la conta piastrinica in range ed il concetto non ancora diffuso che esista un fattore solubile nel plasma responsabile di un corretto funzionamento piastrinico.
QUANTI TIPI DI VON WILLEBRAND ESISTONO ?
Ci sono essenzialmente tre categorie di Morbo di von Willebrand:
Il Tipo 1, con un deficit quantitativo del fattore von Willebrand, caratterizzato però da una normale funzionalità, è la forma più frequente, costituendo l'ottanta per cento dei casi.
Il Tipo 3, con la quasi assenza del fattore stesso e bassi livelli di Fattore VIII è la forma più rara,    spesso associata ad un quadro  clinico più severo, con sanguinamenti importanti che possono interessare tutte le sedi muco-cutanee oltre che  le articolazioni (emartri) .
(La bambina danese che giunse all'osservazione di von Willebrand nel '26,  morì in occasione del suo quarto ciclo mestruale di metrorragia).
Riguardo la forma con un deficit qualitativo,  il Tipo 2, è necessario suddividerlo a sua volta in quattro sottotipi, perché in questo caso la proteina di von Willebrand  presenta alterazioni qualitative in una delle sue porzioni.
La classificazione risulta essenziale per la scelta terapeutica più appropriata, i sottotipi sono il 2A, il 2B, il 2M e il 2N, quest'ultimo conosciuto anche come  vW Normandia.
COME SI GIUNGE ALLA DIAGNOSI ?
E' necessaria la consulenza di un ematologo con esperienza in malattie rare della coagulazione, che abbia a disposizione un laboratorio dedicato a queste patologie.
La somiglianza con altri quadri clinici è spesso assai sottile, si pensi alla diagnosi differenziale tra un Morbo di von Willebrand  di Tipo 2N ed una Emofilia A, ed è solo la corretta interpretazione del test adeguato che permette una giusta terapia.
COME SI TRASMETTE ?
E’ una patologia solitamente ereditaria, che viene   trasmessa da uno o da entrambi i genitori  ai propri discendenti, senza alcuna differenza di sesso. 
Si può anche presentare ex novo, in famiglie cioè in cui i geni del vWF dei genitori  non sono alterati, ma lo sono nei figli, per una mutazione genica al momento del concepimento.
I vari  tipi di vWD vengono trasmessi in maniera  differente, rendendo così ragione della elevata incidenza di uni rispetto l'estrema rarità di altri.
Le forme più frequenti, i tipi 1 e 2 , (eccetto la variante 2N), son  trasmesse in maniera autosomica dominante,  indipendentemente dai cromosomi sessuali,  con una probabilità di trasmissione alla propria prole del 50 % . (Avendo però cura di considerare questo assunto come una “approssimazione fenotipica”, in quanto di generazione in generazione l'espressione clinica della malattia può variare notevolmente).
Un discorso a parte   riguarda il tipo 3 e la variante 2N,  patologie autosomiche recessive, in cui  entrambi i genitori sono  portatori del gene alterato, avendo quindi il 25% di probabilità di avere un figlio/a sano, il 25 % di avere un figlio/a con vWD di tipo 3, ed il 50 % di probabilità di avere un figlio/a con vWD lieve o moderato.
ESISTONO FORME ACQUISITE ?
Certo, sono estremamente rare, ma si possono riscontrano in  condizioni di diminuita sintesi o in aumentato consumo del fattore stesso,  in quadri quali: MGUS, Stenosi della valvola Aortica,  in situazioni autoimmuni ed in alcune patologie ematologiche.
La sintomatologia è la medesima delle forme congenite, la particolarità è che può recedere colla terapia causale della patologia sottostante.
QUAL'E' IL MOMENTO MIGLIORE PER EFFETTUARE I TEST ?
Il Fattore di von Willebrand non ha sempre la stessa concentrazione nel medesimo individuo, ma varia anche notevolmente a seconda di particolari condizioni, ormonali o fisiche.
E' incrementato nel sangue durante un forte stress, dopo uno sforzo fisico prolungato o dopo una forte emozione (gioia o pianto); Per le donne variazioni  di concentrazione  si hanno anche durante la gravidanza,  la somministrazione di pillola estroprogestinica, o della terapia ormonale sostitutiva.
E' quindi importante effettuare i test in condizioni in cui ci si possa attendere un nadir di livello ematico del vWF, quindi lontano dalle condizioni succitate, mentre per  le donne in età fertile  il periodo ideale per effettuare i test è in prima o seconda giornata del ciclo mestruale.
DONNE E MORBO DI VON  WILLEBRAND
La particolarità di trasmissione di questa patologia, (è nell’ottanta per cento dei casi a trasmissione autosomica dominante) è che  viene trasmessa al 50% della prole delle famiglie affette,  interessando  in egual modo uomini e donne. Risulta quindi che, tra le patologie emorragiche interessanti il sesso femminile, è di gran lunga la più frequente.
La sintomatologia è spesso correlata con il tipo e la durata del ciclo mestruale, determinando questa patologia cicli mestruali abbondanti (cioè superiori a 80 ml/mese) e prolungati.
Per quantificare tali perdite è bene utilizzare una metodica quale la Pictorial Bleeding Assessment Chart (PBAC) che permette, tramite uno schema visivo, di valutare con buona approssimazione le perdite mestruali.
Il riconoscimento di un ciclo abbondante vonWillebrand correlato è estremamente importante per il benessere della paziente, in quanto con la giusta terapia si può, nell' ottanta per cento dei casi, riportarlo a volumi più fisiologici, permettendo anche una correzione in tempi brevi della  anemia marziale associata.
In età adolescenziale e  nell'accrescimento il fabbisogno di ferro è già in se elevato, avere un bilancio costantemente negativo di questo metallo importantissimo determina un corteo sintomatologico quanto mai vario e debilitante, che va certamente contrastato da un punto di vista causale.
Anche il parto può essere accompagnato da perdite ematiche oltre la norma, benché nella maggior parte delle forme più frequenti (Tipo 1) l’organismo riesca a ben incrementare la sintesi di questo fattore durante  la gravidanza, permettendo un parto normale.
E’ però necessario un attento monitoraggio del  post partum e del puerperio perché nel 15-30 % dei casi si può avere un calo improvviso del vWF e se non si instaura l’adatta terapia, si possono avere  perdite ematiche importanti.
PRECAUZIONI :
Essendo questa una patologia in cui la componente piastrinica, per la mancanza del VWF, non compie al meglio la propria funzione, è bene non assumere farmaci, sostanze o erbe che possano interferire tramite altri meccanismi con la funzionalità piastrinica; 
Per esempio è bene non assumere acido acetilsalicilico, (la comune Aspirina) o altri antiinfiammatori non steroidei  perché essi stessi determinano un blocco irreversibile dell’attività aggregante  per la durata della vita piastrinica, (7 giorni), così come è importante non associare antidepressivi inibitori della serotonina o i dicumarolici,  se non sotto stretto controllo medico e con un approfondito studio del rapporto rischi/benefici, perché tutti questi farmaci incrementano, e non di poco, la tendenza al sanguinamento.
Sul fronte delle erbe è bene evitare il ginger, il ginco ed il ginseng, che si trovano spesso nella
cucina cinese o in alcuni integratori occidentali, per il loro effetto antiaggregante.
TERAPIA :
Le forme più frequenti non richiedono una terapia,  se non in particolari condizioni, ad esempio prima di un intervento chirurgico o di una estrazione dentale;
Un discorso a parte merita il sesso femminile, in cui durante il periodo fertile è necessario sovente prescrivere una terapia d'ausilio per i problemi legati al ciclo, o in vista di un parto.
I presidi terapeutici per questa patologia sono numerosi, e variano a seconda del tipo, della espressione clinica e del momento fisiologico del paziente,  possono essere distinti in :
Farmaci attualmente in commercio:
Inibitori della fibrinolisi
Desmopressina
Plasmaderivati
Estroprogestinici
Farmaci di prossima commercializzazione
Ricombinanti del FVIII associato a Ricombinante del vWf
Ricombinante del solo  vWf
IL-11.
Questi farmaci appartengono a tre grandi categorie: la prima, costituita dagli inibitori della fibrinolisi dalla  desmopressina e dagli estroprogestinici, sono sostanze di sintesi, farmaci cioè che non hanno un origine biologica; la seconda son farmaci di  origine umana, i plasma derivati; la terza, costituita dai ricombinanti e dalle interleuchine son prodotti grazie a tecniche di ingegneria genetica.
Per la scelta di ognuno di questi presidi è importante la consulenza con uno specialista ematologo, esperto in malattie  della coagulazione, che possa eventualmente effettuare dei test personalizzati di efficacia in un ambiente protetto e con l'ausilio di dati laboratoristici.
FONTE: http://www.vonwillebrand.biz/index





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