BB

>4pediatriapa Seguici su Facebook //12 Novembre Giornata mondiale contro la Polmonite // 14 Novembre Giornata mondiale del diabete // 17 Novembre Giornata mondiale dei nati prematuri // 20 Novembre Giornata universale del bambino //div>

30/08/11

Fattore V di Leiden


Fattore V di Leiden
Valutazione genetica del rischio di patologie cardiovascolari mediante analisi di mutazione del gene del Fattore V di Leiden  
 Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l'attivazione della protrombina (fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. Un sito di taglio è localizzato nell'aminoacido arginina alla posizione 506.
Una mutazione del gene che codifica per il fattore V, a livello della tripletta nucleotidica che codifica per l'arginina in 506 ( nucleotide 1691), con sostituzione di una G (guanina) con una A ( adenina), comporta la sostituzione dell'arginina con un altro aminoacido, la glutammina che impedisce il taglio da parte della Proteina C attivata. Ne consegue una resistenza alla proteina C attivata (APC) nei test di laboratorio ed una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale variante G1691A è definita variante di Leiden (località in cui fu scoperta), ed ha una frequenza genica dell’ 1,4-4,2% in Europa con una frequenza di portatori in eterozigosi in Italia pari al 2-3%, mentre l’omozigosità per tale mutazione ha un’incidenza di 1:5000. I soggetti eterozigoti hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigoti hanno un rischio pari ad 80 volte. Tale evento trombotico è favorito in presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l'assunzione di contraccettivi orali (rischio aumentato di 30 volte negli eterozigoti e di alcune centinaia negli omozigoti), gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all'aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari , alla Sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimi epatici, piastrinopenia).
Tali manifestazioni sarebbero legate a trombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusione placentare. I soggetti portatori di mutazione del Fattore V di Leiden dovrebbero pertanto sottoporsi a profilassi anticoagulativa in corso di gravidanza o in funzione di interventi chirurgici ed evitare l'assunzione di contraccettivi orali.
Riepilogo informazioni sulla patologia:
Frequenza:  
2-3% della popolazione italiana
Gene Investigato:  
 Fatore V, mutazione G1691A
Rischio Stimato:  
   8 volte superiore (eterozigoti), 80 (omozigoti)
Metodica Impiegata:  
 Sequenziamento Automatico
Referto:  
 Relazione Tecnica
Consenso informato:  
 Non necessario
Diagnosi Prenatale:  
 Possibile
Consulenza genetica:  
 consigliata


Campioni biologici su cui è possibile eseguire il test:
Prelievo ematico in EDTA  
 2 ml
Liquido Amniotico  
 10 ml
  Villi Coriali
10 mg
  Spot ematico
2-3 gocce
  Tampone buccale
2 tamp.
DNA  
 2 ug



http://www.salutedonna.it/test_genetici_patologia_trombotica.htm#axzz1WLJ8zO3f

Questo articolo ha uno scopo esclusivamente informativo. Ogni sforzo è stato condotto per renderlo chiaro, aggiornato, facilmente comprensibile da un pubblico molto vasto; tuttavia non possiamo escludere eventuali omissioni ed errori come anche possibili difficoltà interpretative da parte dei lettori. 

27/08/11

SINDROME DI PRADER WILLI


SINDROME DI PRADER WILLI
Nome Inglese: Prader-Willi Syndrome (PWS)
Frequenza: circa un neonato su 15.000.
Che cos'è la sindrome di Prader-Willi: E’ una sindrome complessa di origine genetica, caratterizzata da alterazioni del comportamento e da disturbi di vario tipo. Fra le alterazioni comportamentali caratteristiche troviamo l’iperfagia, cioè la spinta ad alimentarsi in modo assolutamente incontrollato.
Come si manifesta: I neonati affetti dalla sindrome di Prader-Willi manifestano ipotonia, cioè un abbassamento del tono muscolare, che causa debolezza diffusa. Per questo hanno spesso gravi difficoltà nell’alimentarsi, con problemi di suzione e deglutizione, tali da richiedere l’utilizzo del sondino nasogastrico. L’ipotonia migliora con il tempo e già in età infantile i bambini cominciano a mostrare alterazioni del comportamento, tra cui spicca l’iperfagia, cioè il bisogno incontrollabile di cibo, che rappresenta uno dei maggiori problemi causati dalla sindrome e che, in assenza di interventi, può portare ad una grave obesità e a complicazioni anche fatali. Mangiare in modo "compulsivo" e l’ossessione per il cibo iniziano solitamente prima dei 6 anni. L’impulso ad introdurre cibo è travolgente e porta le persone affette a mangiare qualunque cosa capiti a tiro, compresi alimenti liquidi e solidi scaduti o avariati, con gravi pericoli per la salute. L’alimentazione richiede perciò costante attenzione da parte dei genitori o di chi si prende cura del bambino con sindrome di Prader-Willi. Si pensa che a causare l’iperfagia sia una disfunzione dell’ipotalamo (la regione del cervello che regola l’appetito). L’appetito insaziabile può portare ad incremento di peso, spesso molto rapido, tale da compromettere la salute fino a mettere in pericolo la vita. Le persone affette dalla sindrome devono essere costantemente sorvegliate in tutte le situazioni dove è raggiungibile cibo. I malati che hanno un peso normale hanno raggiunto questo obiettivo perché sottoposti a rigido controllo esterno della dieta e dell’introduzione di cibo. II bambini con sindrome di Prader-Willi hanno un carattere gioviale ed allegro e solitamente non presentano problemi di comportamento. La maggior parte di ragazzi ed adulti affetti dalla sindrome ha invece difficoltà comportamentali, che coincidono con l’insorgenza dell’iperfagia, anche se non tutti i problemi di comportamento sono da correlare al cibo. Le persone affette subiscono spesso cambiamenti

25/08/11

TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO


TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO

            I farmaci
            L’art. 29 della legge 23.12.1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, sancisce che “la produzione e la distribuzione dei farmaci devono essere erogate secondo criteri coerenti con gli obiettivi del SSN, con la funzione sociale del farmaco e con la prevalente finalità pubblica della produzione.
            La disciplina dei farmaci è inoltre annoverata, all’art. 2, n. 7, stessa legge di riforma sanitaria, tra i mezzi idonei ad assicurare il conseguimento delle finalità proprie del SSN, specificando che questa deve risultare “diretta ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocività e l’economicità del prodotto”. L’articolo 28 della legge di riforma sanitaria, relativo all’assistenza farmaceutica, menziona due distinte categorie di farmaci, le specialità medicinali e i preparati galenici, alle quali, sin dai primi interventi statali corrisponde una specifica disciplina.