L'anemia sideropenia - Le emoglobinopatie
L'anemia sideropenica
Come dice il nome, in questo tipo di anemia, è il ferro a essere carente. il ferro (allo stato ferroso) è un componente fondamentale dell'emoglobina, in quanto capace di legare l'ossigeno. Fa parte delle anemie di gruppo III, ovvero quelle in cui la sintesi del complesso emoglobinico risulta insufficiente.
Il ferro è sottoposto, come tutte le sostanze esogene, a un turn-over di assorbimento ed escrezione. Viene assunto attraverso la dieta: quello legato all'EME, cioè quello della carne rossa che contiene molta mioglobina (simile all'emoglobina, ma consta di una sola catena globinica), viene assorbita meglio di quello legato alle verdure (e qui sfatiamo il mito degli spinaci di Braccio di Ferro). Viene assorbito a livello intestinale e qui entra in circolo. I depositi principali sono nel fegato, mentre quello circolante è legato a una molecola proteica: la transferrina. Le cellule che hanno bisogno di ferro (eritroblasti, ovvero globuli rossi in maturazione, ma anche cellule infiammatorie e cellule contenenti enzimi ossidanti, come i citocromi) esprimono perciò il recettore per la transferrina, essendo così in grado di captare l'elemento e utilizzarlo al meglio. Il ferro in eccesso viene eliminato attraverso la defecazione; buona parte viene persa dalle cellule intestinali (enterociti) in sfaldamento. Il ferro proveniente dai globuli rossi invecchiati che vanno incontro a morte non va perduto: i macrofagi lo captano e lo conservano fino al momento in cui venga richiesto.
Sintomi: oltre ai classici dell'anemia, il paziente nota spesso un'anomala perdita di capelli e unghie deboli, che assumono forme strane, anche concave.
Lo striscio di sangue periferico renderà visibile globuli rossi piccoli e più chiari: per questo viene chiamata anemia microcitica e ipocromica.
Le cause principali di carenza di ferro:
- diminuito apporto: una dieta vegetariana stretta può portare a uno stato carenziale, anche se risulta difficile arrivare allo stato di anemia. Spesso concorrono altri fattori, come l'alcolismo (i tannini diminuiscono l'assorbimento del ferro e, in generale, la dieta degli etilisti è carente).
- diminuito assorbimento: situazioni di enterectomie (resezioni del tenue) o malattie infiammatoria possono portare a squilibri dell'assorbimento; il quadro sarà però variegato, l'anemia sideropenica non sarà isolata.
- aumentato fabbisogno: gravidanza, altro tipo di anemia, infiammazioni croniche, sono tutte situazioni che portano a un aumento del consumo di ferro
- aumentata perdita: è questa la principale causa. In una donna giovane, bisogna sempre investigare circa le perdite mestruali. In un uomo o nelle donne in post-menopausa invece, la causa principe è la presenza di un tumore o di una infiammazione ulcerante che porti a uno stillicidio, una perdita cronica di sangue in piccole quantità. Infatti le indagini primarie per la diagnosi differenziale consistono nella gastroscopia e nella colonscopia (le perdite gastrointestinali sono le più frequenti)
terapia:
In caso di diminuito apporto, un aumento del ferro nella dieta può essere sufficiente a ristabilire la normalità. Come consigliavano le nostre nonne, una buona bistecca col limone è la prima arma (l'acido ascorbico contenuto nel succo del frutto aumenta l'assorbimento del ferro). In caso di necessità, di livelli di emoglobina bassi, la terapia marziale (ferro per bocca o tramite iniezione endovena) è importante, seppur porti in alcuni casi a reazioni allergiche. La terza via consiste nella trasfusione diretta di sangue, con tutti i rischi ad essa connessi. Naturalmente occorre nel frattempo risolvere la causa primitiva che ha portato all'anemia.
Le emoglobinopatie
Entrano in questo gruppo tutte le affezioni dell'emoglobina; sono soprattutto congenite, ovvero presenti già alla nascita, ereditate dai genitori. Abbiamo difetti di tipo qualitativo, ovvero le catene globiniche (alfa e beta) son prodotte normalmente ma sono diverse da quelle fisiologiche; difetti di tipo quantitativo, in cui la produzione delle catene globiniche è deficitaria.
In entrambi i casi avremo anemie per ridotta vita dei globuli rossi (quindi gruppo IV) e l'epidemiologia fa risalire la causa alle zone in cui la malaria è endemica. La malaria è provocata da un parassita, il Plasmodio (Vivax, Falciparum...), che vive nel nostro organismo all'interno del fegato, ma soprattutto dei globuli rossi. Gli eritrociti infetti muoiono per lisi dopo alcuni giorni (esplodono), provocando crisi febbrili che, per la loro ciclicità, sono chiamati febbre terzana o quartana. Quindi, un'arma di difesa di tipo darwiniana (sopravvive e si riproduce il fenotipo che ha maggiore resistenza all'ambiente esterno), ha portato a selezionare in queste regioni gli individui che abbiano globuli rossi che vivono di meno, offrendo perciò una minore ospitalità al terribile invasore.
Tra le emoglobinopatie di tipo qualitativo, una delle più frequenti è l'anemia falciforme: a causa di una mutazione genica, viene prodotta una differente catena beta (sostituzione del sesto aminoacido da una glutammina a una serina). Il risultato è un'emoglobina più rigida (HbS), che porta alla classica forma a falce dei globuli rossi (drepanocitosi). Oltre a causare anemia da aumentata distruzione (a livello splenico, cioè nella milza), questi eritrociti "appiccicosi" possono incollarsi all'endotelio vasale (la tonaca più interna dei vasi sanguigni) delle vene e dei capillari, causando trombosi. Quindi uno dei primi sintomi è il dolore, da ischemia tissutale (ovvero una ridotta ossigenazione ai muscoli). Il quadro ha gradi di severità diversi a seconda che il difetto sia eterozigote (ovvero un cromosoma 11 porta il gene per la catena globinica beta sano, l'altro è difettoso) o omozigote (entrambi i geni sono mutati).
Altri difetti di tipo qualitativo portano a emoglobine instabili (esempio, l'Hb Genova, l'Hb Colonia), con alterata affinità per l'ossigeno (se è aumentata, i tessuti riceveranno meno ossigeno del normale), o a metaemoglobine, ovvero emoglobine in cui il ferro è costantemente allo stato ferrico.
Tra i difetti di tipo quantitativo troviamo invece le talassemie: la talassemia beta, ovvero un'emoglobinopatia in cui vi sia una carente produzione di catene globiniche di tipo beta (gene sul cromosoma 11); la talassemia alfa, in cui a essere deficitaria è la catena alfa.
La beta-talassemia può essere distinta in minor (o tratto talassemico o anemia mediterranea) e Maior, a seconda che il difetto sia omo- o eterozigote. E' la più grave tra le due, perché porta a una sovrapproduzione relativa (rispetto alle catene beta) si catene alfa, prodotte alla normale velocità. Queste catene alfa sono altamente insolubili, per cui tendono a precipitare all'interno della cellula in maturazione. L'anemia che ne consegue, può portare anche ad un eccesso di produzione di nuovi globuli rossi, in quanto l'organismo reagisce immettendo in circolo maggiori quantità di eritropoietina (EPO, l'ormone di maturazione dei globuli rossi). La produzione può essere anche ectopica, ossia al di fuori del midollo osseo, portando a splenomegalia (ingrossamento della milza) e alla "facies da tamia" dovuta all'iperplasia eritroide mascellare e frontale (= bozze di tessuto che produce le cellule del sangue si localizzano sulla fronte e ai lati del naso). La sopravvivenza del paziente con beta-talassemia Maior può essere assicurata dalla persistenza di emoglobina fetale (HbF), costituita da globine alfa (che non sono carenti, ma prodotte normalmente) e globine gamma.
L'alfa-talassemia invece consta di quattro gradi principali. Per capirli, bisogna considerare il fatto che le catene alfa sono il prodotto di due geni (alfa1 e alfa2) posti sul cromosoma 16. In totale abbiamo quindi quattro loci genici che possono essere, via via, difettosi. Perciò potremo avere:
- tratto alfa1 talassemico, in cui abbiamo un solo locus carente (tre invece disponibili); di solito il portatore è asintomatico
- tratto alfa2 talassemico, difetto in due loci; il quadro è simile alla beta-talassemia minor
- malattia da HbH, difetto in tre loci: le catene beta, non insolubili come le alfa, si uniscono a formare omotetrameri (ovvero una proteina composta da quattro catene beta = HbH); il quadro è intermedio
- malattia di Bart o idrope fetale: difetto in tutti e quattro i loci; siccome nel feto l'emoglobina prodotta necessita di catene alfa (HbF = alfa2, gamma2), i sintomi sono già presenti nella vita intrauterina: l'emoglobina che si forma, l'Hb di Bart (un omotetramero di globine gamma) ha una affinità per l'ossigeno elevatissima, per cui l'ossigenazione ai tessuti fetali è quasi nulla. L'asfissia (non ischemia, perché il sangue circola normalmente) determina, tra le tante cose, edema (fuoriuscita massiva di liquidi dai vasi, questa condizione nel feto è nota come idrope fetale), insufficienza cardiaca e morte fetale.
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