BB

>4pediatriapa Seguici su Facebook //12 Novembre Giornata mondiale contro la Polmonite // 14 Novembre Giornata mondiale del diabete // 17 Novembre Giornata mondiale dei nati prematuri // 20 Novembre Giornata universale del bambino //div>

30/08/11

Fattore V di Leiden


Fattore V di Leiden
Valutazione genetica del rischio di patologie cardiovascolari mediante analisi di mutazione del gene del Fattore V di Leiden  
 Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l'attivazione della protrombina (fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. Un sito di taglio è localizzato nell'aminoacido arginina alla posizione 506.
Una mutazione del gene che codifica per il fattore V, a livello della tripletta nucleotidica che codifica per l'arginina in 506 ( nucleotide 1691), con sostituzione di una G (guanina) con una A ( adenina), comporta la sostituzione dell'arginina con un altro aminoacido, la glutammina che impedisce il taglio da parte della Proteina C attivata. Ne consegue una resistenza alla proteina C attivata (APC) nei test di laboratorio ed una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale variante G1691A è definita variante di Leiden (località in cui fu scoperta), ed ha una frequenza genica dell’ 1,4-4,2% in Europa con una frequenza di portatori in eterozigosi in Italia pari al 2-3%, mentre l’omozigosità per tale mutazione ha un’incidenza di 1:5000. I soggetti eterozigoti hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigoti hanno un rischio pari ad 80 volte. Tale evento trombotico è favorito in presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l'assunzione di contraccettivi orali (rischio aumentato di 30 volte negli eterozigoti e di alcune centinaia negli omozigoti), gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all'aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari , alla Sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimi epatici, piastrinopenia).
Tali manifestazioni sarebbero legate a trombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusione placentare. I soggetti portatori di mutazione del Fattore V di Leiden dovrebbero pertanto sottoporsi a profilassi anticoagulativa in corso di gravidanza o in funzione di interventi chirurgici ed evitare l'assunzione di contraccettivi orali.
Riepilogo informazioni sulla patologia:
Frequenza:  
2-3% della popolazione italiana
Gene Investigato:  
 Fatore V, mutazione G1691A
Rischio Stimato:  
   8 volte superiore (eterozigoti), 80 (omozigoti)
Metodica Impiegata:  
 Sequenziamento Automatico
Referto:  
 Relazione Tecnica
Consenso informato:  
 Non necessario
Diagnosi Prenatale:  
 Possibile
Consulenza genetica:  
 consigliata


Campioni biologici su cui è possibile eseguire il test:
Prelievo ematico in EDTA  
 2 ml
Liquido Amniotico  
 10 ml
  Villi Coriali
10 mg
  Spot ematico
2-3 gocce
  Tampone buccale
2 tamp.
DNA  
 2 ug



http://www.salutedonna.it/test_genetici_patologia_trombotica.htm#axzz1WLJ8zO3f

Questo articolo ha uno scopo esclusivamente informativo. Ogni sforzo è stato condotto per renderlo chiaro, aggiornato, facilmente comprensibile da un pubblico molto vasto; tuttavia non possiamo escludere eventuali omissioni ed errori come anche possibili difficoltà interpretative da parte dei lettori. 

27/08/11

SINDROME DI PRADER WILLI


SINDROME DI PRADER WILLI
Nome Inglese: Prader-Willi Syndrome (PWS)
Frequenza: circa un neonato su 15.000.
Che cos'è la sindrome di Prader-Willi: E’ una sindrome complessa di origine genetica, caratterizzata da alterazioni del comportamento e da disturbi di vario tipo. Fra le alterazioni comportamentali caratteristiche troviamo l’iperfagia, cioè la spinta ad alimentarsi in modo assolutamente incontrollato.
Come si manifesta: I neonati affetti dalla sindrome di Prader-Willi manifestano ipotonia, cioè un abbassamento del tono muscolare, che causa debolezza diffusa. Per questo hanno spesso gravi difficoltà nell’alimentarsi, con problemi di suzione e deglutizione, tali da richiedere l’utilizzo del sondino nasogastrico. L’ipotonia migliora con il tempo e già in età infantile i bambini cominciano a mostrare alterazioni del comportamento, tra cui spicca l’iperfagia, cioè il bisogno incontrollabile di cibo, che rappresenta uno dei maggiori problemi causati dalla sindrome e che, in assenza di interventi, può portare ad una grave obesità e a complicazioni anche fatali. Mangiare in modo "compulsivo" e l’ossessione per il cibo iniziano solitamente prima dei 6 anni. L’impulso ad introdurre cibo è travolgente e porta le persone affette a mangiare qualunque cosa capiti a tiro, compresi alimenti liquidi e solidi scaduti o avariati, con gravi pericoli per la salute. L’alimentazione richiede perciò costante attenzione da parte dei genitori o di chi si prende cura del bambino con sindrome di Prader-Willi. Si pensa che a causare l’iperfagia sia una disfunzione dell’ipotalamo (la regione del cervello che regola l’appetito). L’appetito insaziabile può portare ad incremento di peso, spesso molto rapido, tale da compromettere la salute fino a mettere in pericolo la vita. Le persone affette dalla sindrome devono essere costantemente sorvegliate in tutte le situazioni dove è raggiungibile cibo. I malati che hanno un peso normale hanno raggiunto questo obiettivo perché sottoposti a rigido controllo esterno della dieta e dell’introduzione di cibo. II bambini con sindrome di Prader-Willi hanno un carattere gioviale ed allegro e solitamente non presentano problemi di comportamento. La maggior parte di ragazzi ed adulti affetti dalla sindrome ha invece difficoltà comportamentali, che coincidono con l’insorgenza dell’iperfagia, anche se non tutti i problemi di comportamento sono da correlare al cibo. Le persone affette subiscono spesso cambiamenti

25/08/11

TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO


TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO

            I farmaci
            L’art. 29 della legge 23.12.1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, sancisce che “la produzione e la distribuzione dei farmaci devono essere erogate secondo criteri coerenti con gli obiettivi del SSN, con la funzione sociale del farmaco e con la prevalente finalità pubblica della produzione.
            La disciplina dei farmaci è inoltre annoverata, all’art. 2, n. 7, stessa legge di riforma sanitaria, tra i mezzi idonei ad assicurare il conseguimento delle finalità proprie del SSN, specificando che questa deve risultare “diretta ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocività e l’economicità del prodotto”. L’articolo 28 della legge di riforma sanitaria, relativo all’assistenza farmaceutica, menziona due distinte categorie di farmaci, le specialità medicinali e i preparati galenici, alle quali, sin dai primi interventi statali corrisponde una specifica disciplina.

24/08/11

UN ANGELO E VOLATO IN CIELO

In questi giorni nell'U.O. dove io lavoravo fino a pochi mesi fa. dopo lunghi mesi di degenza
                               "UN ANGELO E VOLATO IN CIELO"
non trovo parole da esternare. ti dedico questa Preghiera

A Te, o Signore, umilmente affidiamo questo bambino, così prezioso ai tuoi occhi. Prendete lui  tra le tue braccia e dargli il benvenuto  in paradiso, dove non ci sarà dolore, non pianto né dolore, ma la pienezza di pace e di gioia con tuo Figlio e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
ciao piccolo SEI  nel CUORE di tutti noi operatori

23/08/11

NURSING MALPRACTICE: l’errore è dietro l’angolo!


NURSING MALPRACTICE: l’errore è dietro l’angolo!
Abbiamo potuto assistere in questi ultimi anni ad una crescita esponenziale della figura dell’infermiere e con essa è cresciuta a dismisura sia la stessa professione infermieristica che la professionalità stessa. Ma ogni cambiamento porta con se altrettante trasformazioni; la crescita professionale ha onerato l’infermiere, libero oramai del pesante appellativo di “professionale”, di maggiori oneri, di maggiori carichi di lavoro e ancora più di maggiori responsabilità. La stessa abolizione del mansionario se da un lato è stato un trampolino di lancio per la nostra professione, al contempo, dall’altro, ha contribuito a accrescere sensibilmente le mansioni stesse (scusate il giro di parole) che “competono” alla nostra professione. Ma, casistica e ragione vuole che tante più sono funzioni da svolgere nello stesso arco di tempo, tanto maggiore è il rischio di commettere un errore. Già, l’errore! Per un professionista è uno dei grandi nemici da evitare, una mannaia sulla nostra testa pronta a mozzare, in taluni casi estremi, anche la nostra stessa carriera. Ma cos’è veramente l’errore?

20/08/11

Somministrare la terapia ai bambini in modo sicuro

NVTech_peop2750Somministrare la terapia ai bambini in modo sicuro
Garantire la sicurezza dei pazienti è uno dei principali impegni della professione infermieristica e riveste una assoluta priorità quando i pazienti sono neonati o bambini. Numerosi studi infatti dimostrano che i pazienti pediatrici, sono esposti tre volte più degli adulti ad errori terapeutici potenzialmente dannosi
La frequenza stimata è di 2,3 errori e di 10 "quasi errori" (errori evitati all'ultimo momento, i cosiddetti "near misses") ogni 100 bambini ricoverati Il neonato, ad esempio, è ad alto rischio di errore: una
differenza minima di farmaco in più può produrre effetti catastrofici poiché la minuscola massa corporea e l’immaturità degli organi non riescono a tamponare l’overdose.
In generale in pediatria ci sono molte più opportunità di sbagliare perché il processo che porta alla somministrazione della terapia in un bambino è molto più complesso che nell’adulto; include più passaggi, vari calcoli in più e l’uso di algoritmi. Ad esempio per una sola somministrazione può essere necessario: determinare il peso esatto e l’età in giorni, calcolare la dose, applicare l’algoritmo per decidere la frequenza giornaliera in base all’età, ricostituire il farmaco, calcolare la frazione da somministrare. Le criticità possono intervenire in cinque fasi diverse della terapia: prescrizione, trascrizione, approvvigionamento, somministrazione e monitoraggio successivo. La più alta percentuale di errori riguarda la prescrizione della terapia (79%), il momento della trascrizione (11%), e la somministrazione (4%)

14/08/11

SINDROME DI SANFILIPPO


                                                     SINDROME DI SANFILIPPO

Compresa : MUCOPOLISACCARIDOSI

Definizione
Mucopolisaccaridosi caratterizzata da escrezione urinaria di eparan solfato, ritardo mentale progressivo, lieve nanismo ed altre anomalie scheletriche. Esistono quattro forme indistinguibili dal punto di vista clinico, ma distinte dal punto di vista biochimico, ciascuna dovuta a deficit di un enzima diverso. (Medline Thesaurus)
La Sindrome di Sanfilippo comprende quattro tipi biochimicamente diversi ma clinicamente simili. La classificazione è basata sui diversi deficit enzimatici. Il deficit di eparan-N-sulfatasi è proprio della Sindrome di Sanfilippo tipo A, il deficit di alfa-N-acetilglucosaminidasi della Sindrome di Sanfilippo B, il deficit di acetil-CoA: alfa-glucosaminide-acetiltransferasi della Sindrome di Sanfilippo C, e il deficit di N-acetilglucosamin-6-solfatasi della Sindrome di Sanfilippo D.

13/08/11

Preparare e somministrare in modo sicuro i farmaci ai bambini: i rischi connessi alla terapia in pediatria

Preparare e somministrare in modo sicuro i farmaci ai bambini: i rischi connessi alla terapia in pediatria
Filippo Festini , Stella Neri
Garantire la sicurezza dei pazienti è uno dei principali impegni della professione infermieristica e riveste una assoluta priorità quando i pazienti sono neonati o bambini. Numerosi studi infatti dimostrano che i pazienti pediatrici sono esposti tre volte più degli adulti ad errori terapeutici potenzialmente dannosi.1 La frequenza stimata è di 2.3 errori e di 10 "quasi errori" (gli errori evitati all'ultimo momento, i cosiddetti "near misses") ogni 100 bambini ricoverati.2
Le criticità possono intervenire in sei momenti diversi del processo della terapia: prescrizione, trascrizione, approvvigionamento, preparazione, somministrazione e monitoraggio successivo. La più alta percentuale di errori in pediatria riguarda la prescrizione della terapia (79%), il momento della trascrizione (11%), e la somministrazione (4%).1
In pediatria ci sono molte più opportunità di sbagliare perché il processo che porta alla somministrazione della terapia in un bambino è molto più complesso che nell'adulto: esso infatti include più passaggi, vari calcoli in più e l'uso di algoritmi.3
Inoltre, il paziente bambino è maggiormente esposto rispetto all'adulto al rischio di errore terapeutico: le dosi ed il modo di somministrazione devono essere adattate al grado di sviluppo raggiunto, il paziente spesso non coopera, oppure non è in grado di avvertire l'errore o di accorgersene, come può invece fare un adulto (facendo mancare quella che viene chiamata l'"ultima barriera" prima dell'errore); sono infine pochi i farmaci specifici per le malattie pediatriche -relativamente rare e poco "appetibili" per le industrie farmaceutiche- e quasi sempre si è costretti ad usare frazioni di farmaci per adulti.

09/08/11

VALUTAZIONE DEL BAMBINO DA PARTE DELL’ INFERMIERE

   VALUTAZIONE DEL BAMBINO DA PARTE DELL’ INFERMIERE

La valutazione sta alla base della pianificazione e dell'erogazione dell'assistenza infermieristica al bambino ed alla sua famiglia. Che si tratti di una analisi completa e olistica dei bisogni e dei problemi di salute del bambino o di un rapido e mirato controllo di un singolo aspetto della condizione del bambino, la valutazione fornisce le informazioni utili a capire insieme alla famiglia cosa bisogna fare, quando farlo e chi deve farlo. L'infermiere deve possedere delle competenze di ragionamento clinico in modo da poter interpretare i dati ottenuti dalla valutazione e da poter identificare quali sono le azioni più appropriate da intraprendere, basandosi ove possibile sull'evidenza scientifica. Inoltre,

08/08/11

DEFICIENZA DI ACTH


           DEFICIENZA DI ACTH


Definizione
La deficienza di ACTH è caratterizzata da sintomi di insufficienza surrenalica come anoressia, debolezza, nausea, vomito ed ipotensione.
L'ormone adrenocorticotropo ipofisario (ACTH) è diminuito o assente.
L'insufficienza surrenalica secondaria si verifica come esito di una deficienza di ACTH ipofisario. È caratterizzata da affaticamento, debolezza, anoressia, nausea, vomito e, occasionalmente, ipoglicemia. Diversamente dalla insufficienza surrenalica primaria, l'ipocorticolismo associato a insufficienza ipofisaria di solito non è acccompagnato da alterazione della pigmentazione cutanea o da deficienza di mineralcorticoidi.
La deficienza di ACTH si può presentare dopo resezione chirurgica di un adenoma ipofisario secernente ACTH.

06/08/11

MALATTIA DI BEHCET (BS)

              MALATTIA DI BEHCET (BS)
Cos’è?
La sindrome di Behcet o la malattia di Behcet (BS) è una vasculite sistemica (infiammazione dei vasi sanguigni) la cui causa è sconosciuta, è caratterizzata da ricorrenti ulcere orali e genitali, con un interessamento agli occhi, alle articolazioni, alla pelle, ai vasi sanguigni e al sistema nervoso. BS si chiama così da un dottore turco, il Prof Dr Hulusi Behcet, che la descrisse nel 1937.

Quanto è comune?
BS è più comune in alcune parti del mondo. La distribuzione geografica della BS coincide con la storica “via della seta”. Si osserva principalmente nei paesi dell’ estremo oriente, medio oriente e del bacino del mediterraneo (Giappone, Corea, Iran, TurchiLa sindrome di Behcet o la Malattia di Behçet (BS) e Una vasculite sistemicaa, Tunisia e Marocco). La stima nella popolazione adulta è di 1 caso su 10000 in Giappone e 1-3 su mille in Turchia. Nel nord Europa è invece di circa 1 caso su 300000.
Alcuni casi sono riportati in Australia e negli Stati Uniti. La BS nei bambini è rara anche nelle popolazioni ad alto rischio. I criteri diagnostici si completano prima dei 16 anni in approssimativamene il 3% di tutti i pazienti affetti da BS.
In generale, l’inizio della malattia è tra i 20 e i 35 anni. Si distribuisce equamente tra entrambi i sessi, anche se i maschi sono più gravi.

Quali sono le cause della malattia?
Le cause della malattia sono sconosciute (malattia idiopatica). Una predisposizione genetica può

04/08/11

LA FORMAZIONE ED IL RUOLO DELL’INFERMIERE E DELL’OPERATORE SOCIO SANITARIO IN ITALIA E CONFRONTO CON ALTRI STATI ESTERI


LA FORMAZIONE ED IL RUOLO DELL’INFERMIERE E DELL’OPERATORE SOCIO
SANITARIO IN ITALIA E CONFRONTO CON ALTRI STATI ESTERI

Con la soppressione dei corsi di formazione per infermieri generici e la nascita di nuove figure di
supporto  come  quella  dell’operatore  socio  sanitario,  diventa  sempre  più  importante  per  gli
infermieri,  capire il  ruolo di questi  colleghi,  per potere assicurare un’assistenza di équipe rivolta
all’esigenze dell’assistito,  sia in ospedale,  che sul  territorio.  Non è infatti  possibile ottenere  un
corretto inserimento di tali operatori, se gli infermieri non hanno prima chiaro chi sono e le attività
che possono eseguire.
Se l’evoluzione di queste figure di supporto non è accompagnata ad  un’informazione corretta
rivolta al personale infermieristico, rischiamo che questi operatori vengano utilizzati per svolgere
compiti inferiori e non adeguati a livello della formazione ricevuta e quindi uno spreco di risorse,
utili  anche  per  liberare  tempo  agli  infermieri  e  permettere  a  questi  di  dedicarsi  ad  assicurare
un’assistenza olistica al paziente, basata anche sulla relazione e sull’educazione sanitaria, oltre che
su una corretta pianificazione e supervisione.
Il  nostro studio, partendo da un  excursus-storico legislativo che ci  ha permesso di ricordare lo
sviluppo  nel  tempo  della  professione  infermieristica,  ha  cercato  di  dimostrare  la  positività
dell’inserimento degli operatori socio sanitari, sia nel contesto ospedaliero che territoriale.
Per avere una panoramica completa della situazione,  abbiamo anche svolto una ricerca a livello
mondiale,  analizzando gli  aspetti  salienti  sia per quanto riguarda l’assistenza infermieristica che
quella degli operatori di supporto di alcuni Stati esteri, con la speranza di fare un po’ di chiarezza su
quella che è la situazione attuale.

continua a leggere  QUI

03/08/11

Disegno di legge 1142 Istituzione degli ordini e albi delle professioni sanitarie



Disegno di legge 1142
Istituzione degli ordini e albi
delle professioni sanitarie
infermieristiche, ostetrica,
riabilitative, tecnico-sanitarie
e della prevenzione
Senatrice Rossana Boldi (LNP)
Per garantire i cittadini dal rischio di incappare in professionisti ‘abusivi, e per superare la disparità tra le professioni sanitarie già organizzate in ordini e collegi e quelle che ancora non lo sono, il ddl recupera le linee guida della legge 43 del 2006 (che delega il Governo ad istituire appositi ordini professionali per ciascuna area organica di professioni sanitarie), che resta ancora in attesa di decreti attuativi.

Il testo dispone l’istituzione degli ordini professionali delle professioni infermieristiche, delle ostetriche, delle professioni sanitarie della riabilitazione, dei tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni tecniche sanitarie e della prevenzione.

Esaminato in Commissione Sanità congiuntamente al ddl  573 e approvato come testo base l'8 luglio 2009. Relatore alla Commissione, Laura Bianconi.
redazione
25/06/2010
Allegati:
FONTE: http://parlamentosalute.osservatorioistituzioni.it/sections/14-home

02/08/11

COS'È L'ALLERGIA AL LATTICE


        COS'È L'ALLERGIA AL LATTICE


L'allergia al lattice è una manifestazione clinica in crescente aumento scatenata dalle numerose proteine contenute nel lattice dotate di elevata attività antigenica.
Si tratta di reazioni che coinvolgono la cute, l'apparato respiratorio e cardiovascolare, in alcuni casi di estrema gravità, con casi anche mortali.
In pratica si tratta di una risposta del sistema immunitario ad alcune proteine contenute nel lattice.
L'ALLERGIA AL LATTICE IN PILLOLE...
Il lattice è il principale componente della gomma naturale, con cui vengono prodotti numerosi oggetti utilizzati sia in campo medico che nella vita quotidiana e lavorativa
CATEGORIE A RISCHIO

Tutti possono sensibilizzarsi al lattice, ma le persone che sono a continuo contatto con la gomma (es. chi lavora nell'industria della gomma, o gli operatori sanitari a continuo contatto con presidi contenenti lattice) sono le categorie più a rischio. Inoltre sono maggiormente predisposte all'allergia le donne, le persone asmatiche o con allergie alimentari (banana, kiwi, avocado, castagna, arachidi ecc.), con la spina bifida o anomalie urogenitali congenite.

31/07/11

SINDROME DI KALLMANN

  kalman  SINDROME DI KALLMANN

       Definizione.

La sindrome di Kallmann, conosciuta anche con il nome di Sindrome di De Morsier, Displasia olfatto-genitale o Ipogonadismo ipogonadotropo con anosmia, è una malattia genetica caratterizzata dall’associazione tra una ridotta o assente capacità di percepire gli odori (anosmia) e l’ipogonadismo (genitali poco sviluppati, assenza di pubertà spontanea).

Eziopatogenesi.

Tali alterazioni dipendono da un difetto dello sviluppo, durante la vita embrionale, dei centri nervosi deputati alla percezione degli odori (neuroni olfattori) e di quelli ipotalamici (neuroni GnRH) che determinano l’inizio dello sviluppo puberale e mantengono lo stimolo dell’asse ipofiso-gonadico. Verrebbe, in particolare, a mancare la migrazione dei neuroni fetali che secernono GnRH dal placode olfattivo all'ipotalamo. E’ stato recentissimamente dimostrato come le terminazioni nervose che partono dal naso per entrare nel cervello devono superare una zona di confine presidiata da cellule specializzate in grado di riconoscere e far passare i segnali mandati dai nervi in avvicinamento. Questo processo, controllato dai geni Wnt, permette che si crei un legame nervoso fra le cellule olfattive che percepiscono gli odori e il cervello che li elabora. Una volta creata, questa via, durante la fase di sviluppo embrionale, verrebbe utilizzata come “binario” anche da altre cellule endocrine tra cui i neuroni GnRH.

28/07/11

MALATTIA DI HARTNUP

 MALATTIA DI HARTNUP           
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Compresa : DISTURBI DEL METABOLISMO E DEL TRASPORTO DEGLI AMINOACIDI

Definizione
Disturbo del trasporto degli aminoacidi caratterizzato da esordio in infanzia (raramente in età adulta) di dermatite da fotosensibilità e da sintomi neurologici intermittenti. Periodicamente possono verificarsi atassia, modificazioni della personalità, cefalee migranti e fotofobia. Il disturbo deriva da una alterazione del trasporto sodio-dipendente degli aminoacidi neutri attraverso la membrana dell'orletto a spazzola del piccolo intestino e dell'epitelio tubulare renale. (From Menkes, Textbook of Child Neurology, 5th ed, pp59-60) (Medline Thesaurus)
Segni e sintomi
La malattia di Harntup è un disordine familiare del trasporto renale ed intestinale degli aminoacidi. Caratteristica costante è l'iperaminoaciduria specifica causata da una diminuita capacità di riassorbimento di un gruppo di aminoacidi neutri che utilizzano un sistema di trasporto comune, che in questo caso è difettoso. Nella maggior parte degli individui affetti è presente anche una riduzione dell'assorbimento intestinale di almeno alcuni degli aminoacidi neutri, e soprattutto del triptofano.

27/07/11

Malattia emorragica del neonato

clip_image001

Malattia emorragica del neonato

Malattia emorragica del neonato è un disturbo della coagulazione che di solito si sviluppa poco dopo nasce un bambino.

Cause

Una mancanza di vitamina K causa la malattia emorragica del neonato. La vitamina K svolge un ruolo importante nella coagulazione del sangue.

I bambini di solito hanno bassi livelli di vitamina K per una serie di motivi. La vitamina K non si muove facilmente attraverso la placenta dalla madre al bambino. Come risultato, un neonato non ha molta vitamina K conservato fino alla nascita. Inoltre, non c'è molto vitamina K nel latte materno.


irismemonlus: LE MALATTIE RARE

irismemonlus: LE MALATTIE RARE

24/07/11

Appendicite

Appendicite
clip_image001L'appendicite è una malattia infiammatoria a carico di un piccolo diverticolo, chiamato appendice vermiforme, che si diparte dal tratto iniziale dell'intestino crasso. Questo esile prolungamento intestinale, lungo circa dieci centimetri per un diametro medio di 6 mm, non sembra avere alcuna funzione nell'uomo; nonostante ciò, quando viene colpita da un processo infiammatorio, l'appendice può mettere a repentaglio la salute dell'intero organismo, come ben sapranno tutti coloro che hanno dovuto farsela asportare con carattere d'urgenza.
L'appendicite ha una netta prevalenza nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima età adulta, anche se ciò non la esenta dal creare grossi problemi a tutte le età.

21/07/11

MALATTIA DI CHEDIAK HIGASHI

MALATTIA DI CHEDIAK HIGASHI



La sindrome di Chediak-Higashi (CHS) è un disordine congenito nella formazione delle vescicole cellulari a trasmissione autosomica recessiva che interessa tutti i tessuti dell'organismo. Le sue principali e più gravi manifestazioni cliniche sono una spiccata suscettibilità alle infezioni batteriche dovuta a gravi anomalie nell'attività microbicida dei neutrofili e dei monoliti e una malattia simile ad un linfoma, conosciuta come fase accelerata, che porta al decesso durante la seconda o terza decade di vita la maggior parte dei pazienti che sopravvivono alle infezioni batteriche. Altre manifestazioni comprendono un variabile grado di albinismo oculo-cutaneo, un deficit del pool di deposito piatstrinico con una diatesi emorragica da lieve a moderata ed infine anomalie neurologiche. Gli eterozigoti per la CHS sono sempre del tutto normali (Handin RI, Lux SE, Stossel TP. Blood, principles and practice of haematology. Second edition, 2003).
Segni e sintomi
Gli aspetti clinici nella CHS sono variabili ma includono alcune manifestazioni caratteristiche. I bambini affetti da CHS soffrono dalla più tenera età di infezioni ricorrenti.I tipici organi colpiti sono la cute e l'apparato respiratorio. Cellulite periorbitaria, otite media, polmonite, ipoderma, ascessi, sinusiti e carie dentaria sono le infezioni principali mentre Staphylococcus aureus e Streptococcus b-emolitico sono gli organismi più spesso responsabili, benché batteri gram-negativi, Candida ed Aspergillus siano altresì importanti.Le infezioni hanno la tendenza ad essere gravi, ricorrenti, protratte e con una risposta alla terapia antibiotica inferiore all'attesa (Huizing M, Anikster Y, Gahl WA. Hermansky-Pudlak Syndrome and Chediak-Higashi Syndrome: Disorders of Vesicle Formation and Trafficking. Thromb Haemost 2001; 86:233-45).Come in altri disordini della funzione dei neutrofili, nella sindrome di Chediak-Higashi, si osserva una grave patologia gengivale con atrofia ossea e perdita di denti (Handin RI, Lux SE, Stossel TP. Blood, principles and practice of haematology. Second edition, 2003).Circa l'85% dei pazienti che sopravvivono per un periodo sufficientemente lungo, vanno incontro ad una fase accelerata, simile ad un linfoma, caratterizzata da una proliferazione incontrollata di linfociti di aspetto normale e di istiociti, e alla fine fatale. Tale fase fa seguito generalmente ad un infezione da virus di Hepstein-Barr. I pazienti affetti iniziano a manifestare febbre ricorrente, rash, astenia dovute al rilascio di linfochine da parte delle cellule proliferanti ed aumenta la frequenza delle infezioni.Il numero dei neutrofili tende a diminuire e compare anemia e meno spesso piastrinopenia.Il fegato, la milza e i linfonodi aumentano di volume per l'infiltrazione delle cellule proliferanti che invadono anche il midollo causando una progressiva pancitopenia.La morte a seguito delle complicazioni della pancitopenia è inevitabile dopo un decorso implacabile da alcuni mesi fino a due anni (Handin RI, Lux SE, Stossel TP. Blood, principles and practice of haematology. Second edition, 2003).Una diffusa ipopigmentazione (albinismo parziale) dei capelli, della cute, o degli occhi è evidente sin dalla nascita quando rapportata agli altri membri

16/07/11

Quando i piccoli pazienti devono "lasciare" il pediatra Trasferimento al centro di diabetologia per adulti

Quando i piccoli pazienti devono "lasciare" il pediatra
                        Trasferimento al centro di diabetologia per adulti

Il passaggio del fanciullo prepubere diabetico dal diabetologo pediatra al diabetologo dell'adulto dovrebbe avvenire, secondo gli accordi previsti dal SSNN, tra i 12 e i 14 anni. L'uso del condizionale è di fatto necessario perché raramente tale trasferimento avviene regolarmente in quell'arco di tempo; più spesso accade che il pediatra, di fronte alla lunghissima cronicità del diabete infanto giovanile, sia spinto ad assistere il fanciullo ben oltre l'età prepubere, oltre l'adolescenza, fin quasi all'età adulta (1). Alla base di questo frequente comportamento sottostanno diversi fattori: il pediatra, con il quale si è stabilito un legame affettivo talvolta tenace, è spesso riluttante ad abbandonare il piccolo paziente, ormai cresciuto, nelle maglie dell'assistenza dell'adulto, conscio di quali effetti potranno avere su di lui sia il confronto continuo con i diabetici adulti, in cui si è spesso già avuta la comparsa di complicanze, sia la frammentazione, la perdita di individualità del giovane, immerso improvvisamente in una realtà, quella dell'assistenza diabetologica all'adulto, nella quale diviene "solo uno dei tanti" (2, 3).

Al distacco della figura dello specialista pediatra che lo ha seguito fin dall'esordio della malattia, e la proiezione, non desiderata, nell'universo del diabete dell'adulto, si associano le tematiche tipiche della crisi adolescenziale: improvvisamente compaiono l'opposizione e il rifiuto della malattia e dei suoi gestori (genitori e medico), improvvisamente il diabete fino ad allora ben compensato "impazzisce" (4, 5, 6, 7, 8). È in questo fragile equilibrio che si inserisce, e gioca la funzione più importante, la figura del diabetologo dell'adulto che dovrebbe essere in grado di comprendere il travaglio psicologico del giovane paziente e ottenere con lui un rapporto fiducioso e duraturo nonostante gli atteggiamenti spesso provocatori che quest'ultimo assume (2). Al medico spetta ancora il compito di saper valutare quando intervenire con fermezza e quando interrompere il discorso preferenziale, sino ad allora instaurato con i genitori, alla ricerca del colloquio franco con il diretto interessato, per orientare la sua naturale e attesa spinta all'autonomia, sdrammatizzare le sue preoccupazioni e fugare i timori eccessivi riguardo la malattia e le complicanze, favorire una programmazione costruttiva della propria vita di individuo adulto e diabetico (5).

15/07/11

Istituito il registro regionale per i malati di celiachia


Istituito il registro regionale per i malati di celiachia
15 luglio 2011 -  L’assessore regionale per la Salute, Massimo Russo , ha firmato il decreto con il quale viene approvato il percorso diagnostico-terapeutico per la malattia celiaca e si definisce la nuova rete regionale individuando i centri regionali, i compiti assegnati e i relativi referenti. Ai soggetti con malattia celiaca verrà garantita una diagnosi piu’ precoce e piu’ qualificata e un migliore impiego delle risorse.
Sarà istituito il “Registro regionale della malattia celiaca”, e ridefinito il sistema di erogazione dei prodotti alimentari privi di glutine. Verrà anche portata avanti una campagna di sensibilizzazione dei medici di Medicina generale e dei pediatri di libera scelta con un pacchetto formativo sulla base delle indicazioni di un apposito tavolo tecnico. Attraverso le Asp saranno anche organizzati seminari di studio.
Così come riportato nel Piano della Salute 2011-2013 anche per la malattia celiaca l’assistenza sarà organizzata secondo il principio delle “reti integrate”, prevedendo la concentrazione della casistica più complessa in un numero limitato di centri (Hub), a loro volta supportati dai centri periferici (Spoke) che assicurano l’assistenza per la casistica a minore grado di complessità.



Questi i Centri “Hub” in Sicilia, scelti sulla base dell’esperienza maturata negli anni e della dotazione tecnologica a disposizione (tra parentesi i referenti della struttura): Ospedale “Giovanni Paolo II” di Sciacca (Antonio Carroccio); Policlinico – Vittorio Emanuele di Catania (Cinzia D’Agate – Massimo Spina); Policlinico “G. Martino” di Messina (Giuseppe Magazzu’ – Salvatore Pellegrino); Azienda “Civico Di Cristina” di Palermo (Francesca Cavataio); Azienda “Villa Sofia – Cervello” di Palermo (Lorenzo Oliva); Ospedale “Guzzardi” di Vittoria (Fabrizio Comisi); Ospedale “Umberto I” di Siracusa (Sebastiana Malandrino); Ospedale “S. Antonio Abate” di Trapani (Andrea Ditta – Pietro Di Stefano).

“Un altro importante passo avanti nella riorganizzazione e riqualificazione del sistema – ha spiegato l’assessore Russo – peraltro previsto e programmato nel nuovo Piano Sanitario Regionale che abbiamo approvato da poco colmando una lacuna decennale. La celiachia e’ una malattia sempre piu’ diffusa e la creazione della rete e del registro favorira’ la costituzione di network professionali in grado di coinvolgere le aziende sanitarie per la prevenzione del rischio e la valutazione della qualita’ dell’assistenza, oltre che per la conoscenza epidemiologica”.

MALATTIA DI CRONKHITE CANADA

                        MALATTIA DI CRONKHITE CANADA



Definizione
La Sindrome di Cronkhite-Canada è una rara sindrome acquisita, non familiare, che sembra verificarsi dopo importanti stress di tipo mentale, fisico ed emotivo.(Chadalavada R, Brown DK, Walker AN, Sedghi S. Sindrome di Cronkhite-Canada: prolungata remissione dopo trattamento corticosteroideo. Am J Gastroenterol. 2003;98(6):1444-6) È una rara poliposi gastrointestinale associata a diarrea, a ipoproteinemia e alterazioni ectodermiche tra cui l'ipopigmentazione della cute, alopecia ed onicoatrofia. (Takeuchi Y, Yoshikawa M, Tsukamoto N, Shiroi A, et al. Sindrome di Cronkhite-Canada associate a cancro del colon, trombosi portale, alto titolo di anticorpi anti-nucleo, e glomerulonefrite membranosa. J Gastroenterol. 2003;38(8):791-5). Nel 1955 Cronkhite e Canada descrissero la sindrome che prese poi il loro nomi.
(Dorland's Illustrated Medical Dictionary, 29th Edition).
Tale malattia è caratterizzata dalla presenza di una diffusa poliposi gastrointestinale, alterazioni distrofiche delle unghie, alopecia, ipogeusia, parestesie, xerostomia, atrofia ungueale, iperpigmentazione cutanea, diarrea anoressia, perdita di peso, vomito, dolore addominale ed altre complicazioni gastrointestinali come

10/07/11

LA DOCUMENTAZIONE INFERMIERISTICA

                 LA DOCUMENTAZIONE INFERMIERISTICA

Cartella Infermieristica, Documentazione Infermieristica, Dossier Assistenziale, sono solo alcuni dei nomi che sono stati assegnati ad uno strumento di cui si parla ormai da decenni ma che solo negli ultimi anni e solo nelle aziende sanitarie più al passo coi tempi, ha trovato la propria identità.

Il termine di Documentazione Infermieristica, risulta tuttavia essere più ampio di quello di Cartella Infermieristica, con il quale viene spesso utilizzato indifferentemente, e la Documentazione Infermieristica abbraccia tutto quello che documenta l’assistenza infermieristica, svolta come singoli professionisti o come membri di una equipe multidisciplinare e quindi come partizione essenziale, ma non chiusa, di un processo di cura, anche in questo contesto il riferimento alla Cartella Infermieristica, come parte della documentazione clinica, rimarrà dominante.

Si tratta in sostanza di uno strumento che consente di rendere immediatamente osservabile e misurabile il processo di Assistenza Infermieristica, passo essenziale per il miglioramento della qualità assistenziale, come tra l’altro riferibile ad uno degli assiomi della “ QUALITA’ ”, che definisce oggettivamente migliorabile solo quello che si può misurare.

E’ attraverso la “Cartella Infermieristica” che il professionista Infermiere identifica e valuta il bisogno di assistenza dell’utente, e questo gli consente di formulare una Diagnosi Infermieristica sulla base di modelli e standard  definiti e comunemente comprensibili, in modo da poter essere concettualmente trasferibili agli altri professionisti sanitari.

La “Cartella Infermieristica” è anche uno strumento che consente di verificare il continuo bisogno d’informazioni, indispensabili per una completa e mirata valutazione delle necessità assistenziali.

La tanto agognata “autonomia professionale”, ha reso indispensabile uno strumento come la C.I., che attraverso l’identificazione dei problemi della persona permette la programmazione di un percorso di risoluzione, in quanto l’utilizzo di tale strumento consente la consapevolizzazione del ragionamento diagnostico per mezzo dei quali sono stati individuati i “bisogni”, bisogni per la cui “soddisfazione” verranno operate le scelte assistenziali.

Ma è la stessa normativa a sancire per gli Infermieri l’obbligo di compilare la documentazione relativa all’assistenza prestata, la legge n. 42 del 26/02/1999 definisce infatti due importanti elementi della professione infermieristica:

  • la sostituzione della definizione di “professione sanitaria ausiliaria” con quella di “professione sanitaria”;

08/07/11

Distrofia muscolare di Duchenne-Becker

Distrofia muscolare di Duchenne-Becker

Cos'è e come si manifesta la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker?

La distrofia muscolare di Duchenne (Dmd) e la distrofia muscolare di Becker (Dmb) sono due varianti, rispettivamente più e meno grave, della stessa malattia neuromuscolare caratterizzata dall'assenza, dalla carenza o dall'alterazione di una proteina chiamata distrofia. Queste condizioni portano a degenerazione del tessuto muscolare, che provoca una progressiva perdita di forza muscolare, con riduzione delle abilità motorie. Nella distrofia muscolare di Duchenne la distrofia è del tutto assente; i bambini colpiti spesso imparano a camminare in ritardo e, intorno ai 5 anni, mostrano un'andatura particolare, difficoltà a fare le scale, ingrossamento (ipertrofia) dei polpacci. La malattia progredisce causando grave scoliosi, perdita della deambulazione entro i 12 anni e, in seguito, perdita della funzione degli arti superiori. Anche i muscoli respiratori e il cuore sono coinvolti e sono proprio le complicanze cardiache e respiratorie a ridurre l'aspettativa di vita di questi pazienti. In alcuni casi ci può essere un deficit cognitivo, di entità molto variabile. Nella distrofia muscolare di Becker la distrofia è ridotta o alterata, ma mai assente. A livello motorio, le manifestazioni di questa forma ricalcano quelle della distrofia muscolare di Duchenne, ma in forma più lieve e con esordio più tardivo. Le complicazioni cardiache costituiscono il problema principale: se vengono riconosciute e curate in tempo, l'aspettativa di vita di questi pazienti è normale.
clip_image002

Come si trasmette la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker?