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16/05/20

Malattia di Kawasaki e coronavirus nei bambini, aumento di 30 volte dei casi

Malattia di Kawasaki e coronavirus nei bambini, aumento di 30 volte dei casi

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Pubblicato su The Lancet lo studio condotto dalla Pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo sul legame tra Covid-19 e malattia di Kawasaki, rara patologia infiammatoria che in genere colpisce i bimbi al di sotto dei 5 anni di età. Per i medici del nosocomio bergamasco, i risultati della ricerca rappresentano “un reale incremento dell’incidenza della malattia di Kawasaki associata all’epidemia da Sars-Cov-2”.
Pubblicato su The Lancet lo studio [1 ] condotto presso il reparto Pediatria dell’Ospedale di Bergamo in seguito all’incremento delle segnalazioni di Malattia di Kawasaki nei bambini con Covid-19. La ricerca ha analizzato 10 casi di bambini con sintomi simili alla malattia di Kawasaki giunti al Papa Giovanni XXIII tra il 1° marzo e il 20 aprile. “Nei cinque anni precedenti – si legge in una nota – questa malattia era stata diagnosticata a soli 19 bambini. Un aumento dei casi pari a 30 volte, anche se i ricercatori avvertono che è difficile trarre conclusioni con numeri così piccoli”.
Nello specifico, 8 bambini sui 10 con sintomi simili alla malattia di Kawasaki, sono risultati positivi al Sars-Cov-2. Tutti i bambini coinvolti nello studio sono sopravvissuti ma i bimbi con Covid-19 hanno mostrato sintomi più gravi di quelli diagnosticati nei casi dei cinque anni precedenti. “Abbiamo notato un aumento del numero di bambini arrivati al nostro ospedale con una condizione infiammatoria simile alla malattia di Kawasaki nel periodo in cui l’epidemia di SARS-CoV-2 stava prendendo piede nella nostra regione – dichiara il dott. Lucio Verdoni, primo autore dello studio – . Sebbene questa complicazione rimanga molto rara, il nostro studio fornisce ulteriori prove su come il virus possa causare nei bambini diversi tipi di patologie. Nonostante la condizione rimanga rara, questo riscontro dovrebbe essere preso in considerazione quando si considera l’allentamento delle misure di allontanamento sociale, come la riapertura delle scuole”.

Che cos'è la malattia di Kawasaki?
Come spiegato anche qui, la malattia di Kawasaki è una sindrome rara che in genere colpisce i bambini al di sotto dei 5 anni di età e che causa un’infiammazione dei piccoli e medi vasi sanguini di gran parte del corpo. I sintomi tipici includono febbre alta e persistente, eruzione cutanea, occhi rossi, labbra e bocca screpolate (lingua a fragola), ingrossamento dei linfonodi e arrossamenti sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi. Se non diagnosticata in tempo, può portare a gravi complicazioni a livello delle arterie coronarie ma, quando riconosciuta e trattata in modo appropriato in ospedale, la condizione si risolve nella quasi totalità dei casi. Non è nota la sua eziologia, cioè qual è la causa scatenante della malattia, ma si ritiene che si tratti di una risposta immunologica anormale successiva a un’infezione.

Lo studio pubblicato su The Lancet
I pediatri del Papa Giovanni XXIII di Bergamo hanno condotto uno studio retrospettivo su tutti i 29 bambini ricoverati con sintomi della malattia di Kawasaki dal 1° gennaio al 20 aprile. Mentre prima del marzo 2020, l’accesso in ospedale per la malattia era di 1 caso ogni tre mesi, durante i mesi di marzo e aprile 2020, quindi dopo lo scoppio dell’epidemia di Covid-19, i bambini trattati sono stati 10 e, ad oggi, sono aumentati a 20. “L'aumento non è spiegato da una crescita dei ricoveri ospedalieri – prosegue il comunicato – poiché il numero di pazienti ricoverati nei mesi di marzo e aprile 2020 è stato sei volte inferiore rispetto a prima che il virus fosse stato segnalato per la prima volta nell’area”.
Diversamente dal passato, è stato osservato che i bambini che presentavano sintomi dopo il marzo 2020 avevano in media qualche anno in più (età media 7,5 anni) rispetto a quelli cui era stata diagnosticata la sindrome nei cinque anni precedenti (età media 3 anni). Manifestavano oltretutto sintomi più gravi nel confronto con i casi precedenti, con oltre la metà (il 60% dei casi, quindi 6 bambini su 10) che ha mostrato complicanze cardiache rispetto al 10% dei bambini trattati prima della pandemia (2 casi su 19). In aggiunta, la metà dei bambini (5 su 10) ha presentato segni di sintomi da shock tossico mentre nessuno dei bambini trattati prima del marzo 2020 aveva mai mostrato questa complicanza. Per l’80% dei bambini (8 su 10), rispetto alla terapia standard, si è reso necessario un trattamento aggiuntivo con steroidi. In passato solo per il 16% (4 su 19) era stato necessario il ricorso a trattamenti aggiuntivi.

Aumento dell'incidenza della malattia
I medici del nosocomio bergamasco ritengono che questi risultati rappresentino “un reale incremento dell’incidenza della malattia di Kawasaki associata all’epidemia da Sars-Cov-2”. Tuttavia, riportano che tale associazione va confermata da studi più ampi. “Molti centri iniziano a riportare casi di bambini che arrivano in ospedale con segni di malattia di Kawasaki in altre aree colpite duramente dal COVID -19, tra cui New York e l'Inghilterra Sud-orientale – ha precisato il dott. Lorenzo D’Antiga, direttore di Pediatria del Papa Giovanni XXIII – . Il nostro studio fornisce la prima chiara evidenza di un legame tra l’infezione da SARS-CoV-2 e questa condizione infiammatoria e speriamo che possa aiutare i medici di tutto il mondo a riconoscere e trattare prontamente questi pazienti, mentre proviamo a fare i conti con questo virus sconosciuto”.
Secondo Angelo Mazza, co-autore dello studio e pediatra al Giovanni XXIII, “è importante comprendere le conseguenze del virus nei bambini, in particolare quando i Paesi di tutto il mondo si confrontano con piani per iniziare a ridurre le politiche di allontanamento sociale. Nella nostra esperienza – ha concluso – è però stata solo una percentuale molto piccola di bambini infetti da SARS-CoV-2 a sviluppare sintomi della malattia di Kawasaki”.
 [1] Verdoni L, et al. An outbreak of severe Kawasaki-like disease at the Italian epicentre of the SARS-CoV-2 epidemic: an observational cohort study. The Lancet; May 13, 2020.


Fonte:scienze.fanpage.it/

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