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22/10/11

Gli Infortuni in Itinere



              Gli Infortuni in Itinere



Dal d.lgs 38 del 23 febbraio 2000 Art. 12 (Infortunio in itinere)

“Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida”.

Le statistiche INAIL attestano che l’infortunio in itinere inteso quale evento che si verifica durante il normale percorso che conduce al lavoro o che conduce a casa dopo aver espletato il servizio, è assolutamente rilevante in quanto ad incidenza anche rispetto agli altri infortuni sul lavoro. Infortuni in Itinere in Italia (fonte annuario INAIL al 2008) nel 2001 n. 50333 di cui 232 mortali nel 2002 n. 58309 di cui 232 mortali nel 2003 n. 43893 di cui 179 mortali nel 2004 n. 45836 di cui 126 mortali nel 2005 n. 79503 di cui 233 mortali nel 2006 n. 73321 di cui 262 mortali nel 2007 n. 97972 di cui 304 mortali nel 2008 n. 97201 di cui 276 mortali

Per tale incidenza e rilevanza sociale, l’infortunio in itinere è oggi regolato dal d.lgs. n. 38 del 2000 con lo scopo di tutelare il lavoratore quando, attraverso la sua specifica attività lavorativa, si differenzia dal comune cittadino, mentre in passato ci si basava sulla sola elaborazione giurisprudenziale. Infatti, l’infortunio in itinere ha avuto, sotto il profilo legislativo, una storia davvero controversa ed è stato per molti anni oggetto di contenzioso con l’INAIL perché difficilmente riconosciuto. A differenza di molte legislazioni in vigore all’estero, nelle quali l’infortunio sulle vie del lavoro ha sempre trovato una specifica regolamentazione, sino al d.lgs 38 del 2000 il nostro ordinamento antinfortunistico non ne ha mai fatto cenno per mancata attuazione della delega prevista dall’art. 31 legge 15/63.



Possiamo definire per normale percorso quello:
di andata e ritorno dal lavoro a casa
che collega due luoghi di lavoro nel caso di lavoratore con più rapporti di lavoro
di andata e ritorno dal luogo abituale di consumazione o acquisto del pranzo (in caso di assenza della mensa aziendale)



In riferimento al punto n. 2, rientra l’ipotesi dell’espletamento di un unico rapporto di lavoro con una azienda che viene attuato con trasferimenti temporanei o trasferte in sedi differenti rispetto alla sede di assegnazione primaria (es. lavoro imprese di pulizie, vigilanza, assistenza domiciliare, ect).

L’infortunio in itinere deve quindi avvenire in occasione del lavoro, deve essere strettamente collegato alle mansioni lavorative, con il limite del rischio elettivo, cioè il rischio scelto e deciso senza necessità.

Fondamentale risulta essere, a parere dello scrivente, la sentenza della Suprema Corte di Cassazione quando afferma che “il rischio generico aggravato che il lavoratore può incontrare nei periodici viaggi per tornare alla propria famiglia non può dirsi una libera scelta e deve ritenersi, al pari di chi lo affronti giornalmente, conseguente al lavoro e perciò indennizzabile”.

E certamente utile aggiungere che è irrilevante il tipo di mezzo utilizzato, purché rientri in quelli ammessi alla circolazione. Sono indennizzabili anche gli infortuni in itinere occorsi su mezzi pubblici e a piedi, sempre la Cassazione infatti ha affermato che “anche il lavoratore pedone affronta lo stesso rischio del lavoratore che si reca sul posto di lavoro con auto privata o mezzo pubblico”, sempre che l’incidente avvenga lungo il suo percorso ordinario.

Con la stessa forza, è necessario richiamare la vs. attenzione sul fatto che eventuali interruzioni o deviazioni dal percorso, qualora non ritenute necessarie o del tutto indipendenti dal lavoro non danno corso all’infortunio in itinere, che al contrario viene riconosciuto in caso di interruzioni e deviazioni necessarie dovute a:
cause di forza maggiore (es. interruzioni stradali)
esigenze essenziali e improrogabili
per l’adempimento di obblighi penalmente rilevanti (soccorso in caso di incidenti)

E’ indubitabile che l’assicurazione opera sia in caso di infortunio realizzatosi con l’utilizzo di mezzi di trasporto aziendali, sia nel caso di utilizzo di mezzo di trasporto privato, purché sia necessario per l’assenza di mezzi pubblici che colleghino l’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro o alle varie sedi di lavoro, oppure per l’incompatibilità degli orari dei servizi pubblici con quelli lavorativi, o ancora per la distanza del percorso tale da non poter essere effettuato a piedi

Obblighi del lavoratore

Analogamente al normale infortunio occorso nell’esecuzione delle proprie mansioni lavorative, anche nel caso di infortunio in itinere il lavoratore è obbligato a darne notizia immediata al datore di lavoro, il quale ha l’obbligo di denunciare il fatto all’INAIL entri tre giorni dalla ricevuta comunicazione. In caso contrario, qualora il datore di lavoro non abbia fatto denuncia non essendo venuto a conoscenza dell’infortunio, il lavoratore perde il diritto all’indennità di legge per i giorni antecedenti a quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia. Il lavoratore deve inoltre sottoporsi, salvo giustificato motivo, alle cure mediche e chirurgiche ritenute necessarie dall’Istituto assicuratore; l’ingiustificato rifiuto comporta penalizzazione sulle prestazioni economiche. E’ giurisprudenza consolidata che l’obbligo della reperibilità alle visite fiscali previsto per la malattia non è valido nel caso di infortunio (es. Cassazione 20 febbraio 1999, n. 1452).

Rimangono esclusi dall’indennizzo gli infortuni direttamente causati dall’abuso di sostanze alcoliche e di psicofarmaci, dall’uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni nonchè dalla mancanza della patente di guida da parte del conducente. Analogamente, anche il mezzo di trasporto utilizzato deve essere in regola con le norme relative al Codice della Strada.

Normativa
n. 15 del 1963, delega al Governo di emanare norme intese a disciplinare l’infortunio in itinere
rinnovata con il Dpr 1124 del 1965
legge n. 144 del 1999 (articolo 55) e conseguente decreto legislativo n. 38 del 2000 (articolo 12): chiarisce che è indennizzabile l’infortunio subito lungo il normale percorso di andata e ritorno da casa al lavoro (tranne i casi di interruzione e deviazione)

L’art. 2 del T.U. dpr 1124 del 1965 nel definire il concetto di infortunio rilevava tre elementi essenziali perché l’evento stesso fosse indennizzabile: deve trattarsi di causa violenta; deve sussistere l’occasione di lavoro; deve determinarsi una inabilità al lavoro (permanente o temporanea). Oltre a quanto sopra, nel caso di infortunio in itinere assumono rilevante importanza l’iter ed il mezzo di trasporto. Il concetto di mezzo di trasporto appare assai più complesso perché assume particolare rilievo lo stabilire se il mezzo stesso sia fornito dal datore di lavoro, se risulti di proprietà del lavoratore o di terza persona e se il lavoratore stesso, in assenza di quanto sopra, utilizzi un mezzo pubblico.

Giurisprudenza

E’ quindi indennizzato l’infortunio in itinere quando ci sia il concorso del rischio specifico di lavoro (Cass. 3583/82) esistente solo quando il lavoratore sia stato costretto ad utilizzare mezzi di trasporto prescritti o disposti dall’imprenditore in relazione alle mansioni stabilite e abbia dovuto effettuare un determinato percorso che lo possa condurre al luogo di lavoro e che presenti rischi diversi da quelli ordinari (Cass. 2019/66).



Nella sentenza della Corte Costituzionale 12/1/1971 n.8, sono individuati due elementi fondamentali quali “aggravanti” del rischio generico: l’iter e il mezzo di trasporto. E’ condizione essenziale e necessaria, ai fini della indennizzabilità del caso, che l’evento si sia verificato nel percorrere il tragitto che consente al lavoratore di recarsi direttamente sul luogo di lavoro ovvero dal luogo di lavoro alla propria abitazione. Una eventuale deviazione, non dipendente da ragioni di lavoro, esclude le indennizzabilità del caso poiché è venuto meno quel nesso eziologico in precedenza stabilito tra il lavoro e la strada percorsa, configurandosi, quindi, un rischio generico comune, il cui nesso va ricercato tra l’iter e la personale necessità che il lavoratore vuole soddisfare con l’avvenuta deviazione.

Non possiamo tralasciare la sentenza 1536/78 della Corte di Cassazione, nella quale, oltre a ribadire importanti principi in materia di “occasione di lavoro” e di “indennizzabilità dell’infortunio in itinere”, focalizza aspetti importanti riguardanti l’utilizzo dei mezzi propri diversi da quelli pubblici, affermando che l’utilizzo del mezzo privato trovi riscontro nella prestazione lavorativa con un nesso obiettivamente apprezzabile e quindi di riferimento (anche) alle esigenze di vita del lavoratore. Si evidenzia, a sostegno di quei principi, l’ipotesi di un mezzo pubblico che copra solo parzialmente il percorso tra il luogo di lavoro e la residenza del lavoratore ovvero nel caso in cui vi sia copertura completa, gli orari di trasporto non siano coincidenti con i turni di servizio svolti dal lavoratore.

Un’incompatibilità anche parziale degli orari osservati dai mezzi pubblici di trasporto rispetto alle esigenze del lavoratore o all’espletamento delle mansioni lavorative alle quali assegnato, si pone in contrasto con quei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione, quali la tutela della dignità sociale, della salute dell’individuo, della necessità che la durata giornaliera del lavoro non superi determinati limiti, della tutela dei compiti della famiglia nel contesto di una vita libera e dignitosa. Ma la sentenza, nelle sue ulteriori motivazioni sancisce il principio fondamentale secondo il quale trova piena giustificazione il consumare il pasto (pur in presenza del locale mensa allestito dal datore di lavoro) presso la propria abitazione (non molto distante dal luogo di lavoro) anche mediante l’utilizzo di mezzi, anche non pubblici. Vengono così rispettate quelle “esigenze familiari ed umane” più volte menzionate dalla Suprema Corte in sentenze successive (3495/79-1487/82-2589/82-3273/82-1819/86-883/87).

E’ indennizzabile l’infortunio occorso ad un lavoratore, investito da un’automobile mentre attendeva un collega che avrebbe dovuto accompagnarlo con la propria auto sul posto di lavoro (4657/87). In questo caso la Corte Suprema afferma che, non si tratta di un rischio generico comune a tutti i pedoni fermi ai bordi di una strada, bensì un rischio aggravato poiché l’infortunio in itinere si verifica per lavoro quando l’attività anteriore o successiva alla reale prestazione lavorativa sia richiesta dalle sue modalità di esecuzione, a prescindere dalla volontà di scelta del lavoratore.

E’ prevista la tutela assicurativa per cui chi debba servirsi del mezzo proprio in presenza di scioperi o perché impiegato in lavoro notturno (turno di notte Cassazione 2821/69).

Con la pubblicazione del Decreto Legislativo 23/2/2000 n° 38 si interviene nuovamente sulla complessa questione. L’art. 12 del Decreto fornisce una più ampia visione della nozione di infortunio integrando gli artt. 2 e 210 del T.U. (l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro da cui sia derivata una inabilita’…) considerando tali quegli eventi occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, ovvero nel collegamento tra due luoghi di lavoro diversi e nel percorso tra il luogo di lavoro ed il luogo dove abitualmente viene consumato il pasto qualora non esista una mensa aziendale salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendente dal lavoro o comunque non necessitate. Non sono riconosciuti gli infortuni provocati direttamente dall’abuso di alcolici e psicofarmaci oppure dall’uso non terapeutico di allucinogeni e stupefacenti. Non è riconosciuto l’infortunio qualora il conducente sia sprovvisto della prescritta abilitazione alla guida.

Per quanto riguarda il luogo di abitazione si consideri che non necessariamente deve essere interpretato come effettiva residenza anagrafica, ma come domicilio anche temporaneo. Infatti, una recente sentenza della Suprema Corte di cassazione ha riconosciuto indennizzabile l’infortunio occorso ad un lavoratore nel percorso tra il luogo di lavoro e l’abitazione della fidanzata presso la quale il lavoratore stesso aveva eletto domicilio dandone preventivamente comunicato al datore di lavoro. La Suprema Corte, con argomenti talvolta innovativi, ha motivato il riconoscimento del caso sostenendo che il mancato riconoscimento dell’infortunio ad un lavoratore non sposato e quindi senza una famiglia di fatto lo vedrebbe penalizzato contravvenendo così al principio costituzionale che tutela i diritti della famiglia già costituita o di prossima formazione.

La suprema corte ha escluso l’infortunio indennizzabile nel caso in cui un lavoratore addetto allo scarico delle olive e alla collocazione delle stesse nelle macine, ma non alla riparazione dei macchinari, a seguito della rottura della cinghia di trasmissione di una macina, aveva preso l’iniziativa di andare ad acquistare la cinghia nuova con il proprio ciclomotore per consentire la ripresa dell’attività nel frantoio, allontanandosi dal luogo di lavoro senza previamente chiedere l’autorizzazione al responsabile dell’azienda (cass. civ. sez. lavoro 8 sett. 2003 n. 13110).

E’ indennizzabile l’infortunio in itinere anche nel caso di utilizzo del mezzo privato, purchè necessitato. Ne consegue che l’assicurazione non opera nel caso in cui l’infortunio si sia verificato nel tragitto percorso dal lavoratore col motorino per recarsi nella propria abitazione durante la pausa pranzo, ove risulti accertato che la necessità di fare ricorso a tale veicolo è esclusa dalla vicinanza del posto di lavoro e della possibilità di effettuare il percorso sia interamente a piedi, sia utilizzando per una parte un mezzo di trasporto pubblico (cass. civ. sez. lavoro 7 agosto 2003 n. 11917)

La corte di cassazione ha confermato una sentenza di merito che escludeva l’indennizzabilità dell’infortunio occorso al lavoratore che invece di parcheggiare l’auto nel parcheggio aziendale, aveva scelto per propria comodità il diverso parcheggio, meno distante, ma comportante l’elevatissimo rischio, anche per l’ora notturna, dell’attraversamento della strada davanti allo stabilimento, funestata da vari incidenti anche mortali.

La permanenza del lavoratore sul luogo di lavoro dopo la fine del turno non è idonea ad interrompere il nesso causale tra l’evento dannoso e l’attività lavorativa (nella specie, la s.c. ha annullato la sentenza impugnata che aveva negato la indennizzabilità dell’infortunio “in itinere”, occorso al lavoratore mentre dal luogo di lavoro che aveva lasciato dopo trascorsi altri 50 minuti oltre la fine del turno per visita medica presso il sanitario della fabbrica e l’incontro con un sindacalista per questioni attinenti al lavoro, tornava alla propria abitazione (cass. civile sez lavoro, 18 luglio 2002, n. 10468 - inail c. soc. fergat.)

E’ stato ritenuto indennizzabile l’infortunio occorso su una vettura privata al lavoratore durante l’intervallo del pasto qualora siano state accertate la mancata predisposizione di un servizio di mensa aziendale e l’inesistenza di mezzi pubblici idonei (cass. civile sez. lavoro 5 giugno 2001 n. 7612)

Sulla colpa da circolazione stradale rilevo due sentenze contrastanti.

1) Il lavoratore in sella al proprio ciclomotore stava andando dall’abitazione al luogo di lavoro.

Ha imboccato una strada in violazione del divieto di transito, ha incrociato un’altra autovettura per evitare la quale ha operato una repentina manovra ribaltandosi e morendo. La corte di cassazione civile, sez. lavoro 6 agosto 2003 n. 11885 ha escluso l’indennizzabilità e respinto la rendita Inail per i superstiti

2) Il lavoratore non aveva rispettato il segnale di stop. la corte di cassazione civile, sez. lavoro, ha ritenuto l’indennizzabilità (sentenza n. 15312 4 dicembre 2001)

La Sicilia, 23 aprile 2004



L’infermiere Alberto Casamenti era al volante di una Fiat 600. Accusa un malore, sbanda e si schianta. Un infermiere di 40 anni, Alberto Casamenti, era al volante della sua utilitaria quando, a causa di un malore, ha sbandato paurosamente e si è schiantato su un bus e contro alcuni pali dell’illuminazione e cartelloni pubblicitari. Intorno alle 14,30, Alberto Casamenti, in servizio all’ospedale di “Villa Sofia”, sposato e padre di due figlie, stava percorrendo la via Libertà per rientrare e raggiungere la sua abitazione al Capo. L’uomo è stato estratto ancora vivo dai vigili del fuoco che hanno utilizzato la sega elettrica per tagliare le lamiere di uno sportello, ma è spirato tra le braccia dei medici dell’unità di rianimazione del 118 accorsa in piazza Castelnuovo. L. Z.



A cura di Graziano Lebiu, infermiere RLS ASL Cagliari

Master in Diritto del Lavoro e Sindacale


FONTE: Infermieristica Forense .it





































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