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12/11/17

La sindrome del bambino scosso (SBS)

clip_image002                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

Sindrome da scuotimento
È la sindrome causata dal movimento di scuotimento del neonato e che può essere determinata da uno scatto di rabbia esagerata da parte dell’adulto che lo accudisce. Le conseguenze possono essere molto gravi. La prevenzione è fondamentale perché alla base ci sono quasi sempre situazioni di solitudine e forte stress

Un tempo era denominata Shaking Baby, ossia scuotimento del bambino; oggi il termine più corretto scelto dai medici è Abusive Head Trauma, ossia trauma cranico non accidentale, trauma cranico determinato da un abuso.
Perché di un abuso si tratta, e di quelli dalle conseguenze più gravi, che possono condurre anche alla morte del bambino. Purtroppo i casi più gravi si leggono sui giornali.
Un abuso di cui a volte l’adulto – in genere la mamma, ma anche i papà o altre figure che assistono il neonato non sono esenti - neanche si rende conto, inconsapevole del danno che può arrecare scuotendo il bambino nel tentativo di placare un pianto o un ‘capriccio’ che sembrano non finire mai.
Un abuso che riguarda 25 bambini su 100.000
I dati italiani sulle dimensioni del problema sono molto scarsi, per la difficoltà di distinguere la sindrome da scuotimento da altre forme di maltrattamenti di cui sono vittime i più piccoli.
Stime americane parlano di un’incidenza di 20-30 ogni 100.000 bambini sotto l’anno di età, che nel 20% ha esiti letali e in oltre la metà dei casi causa esiti neurologici permanenti.

Le cause della sindrome da scuotimento: forte stress e solitudine
“Il fattore che fa scattare la reazione impulsiva dell’adulto è in genere il pianto reiterato del bambino, che non si riesce a placare in alcun modo e che fa aumentare il carico di stress emotivo, in un crescendo che può culminare nel gesto estremo di scuoterlo” spiega Lucia Sciarretta, psicologa clinica e psicoterapeuta infantile presso l’unità operativa di neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Gaslini di Genova.
“Non c’è la volontà di fare del male e per questo l’adulto non è consapevole dei gravi danni che tale movimento può arrecare; non per niente quando se ne rende conto subentra un senso di colpa enorme. Il più delle volte inoltre non si tratta di genitori con problemi psichici patologici, ma di persone di indole impulsiva, emotivamente vulnerabili e magari già stressate per altri motivi, come problemi economici, lavorativi, nel rapporto con il partner: un cumulo di fattori che va a sfogarsi sul bambino, che è l’anello più debole della catena”.
Un fattore di rischio importantissimo è inoltre la solitudine in cui si viene a trovare la mamma dopo la nascita del figlio. Un tempo si viveva vicino alle famiglie d’origine, che davano un grande sostegno alle neomamme, sia pratico sia psicologico. Oggi le mamme si trovano quasi in uno stato di isolamento: la famiglia è lontana o non è in grado di occuparsi del bambino, i papà, pur essendo molto più presenti rispetto al passato, delegano gran parte della gestione del neonato alla mamma.

I rischi dello scuotimento sono molto gravi
Le conseguenze sul bambino sono variabili e dipendono dall’intensità del maltrattamento, ma in un’elevata percentuale dei casi sono gravissimi. “I bambini piccoli, fino a 6-12 mesi, hanno il cranio più grosso e più pesante rispetto al resto del corpo, a fronte di una scarsa tonicità e capacità di controllo delle strutture muscolari del capo” evidenzia Emanuela Piccotti, pediatra responsabile del pronto soccorso dell’Ospedale Gaslini di Genova.
“Inoltre la scatola cranica è ancora in fase di consolidamento per consentire lo sviluppo del cervello, per cui le strutture cerebrali sono più fragili e più vulnerabili.
Pertanto l’ondeggiamento ripetuto del capo e del collo può provocare esiti permanenti significativi, come lesioni cerebrali, che comportano deficit cognitivi e motori, e compromissione della vista, poiché si creano emorragie a livello dei vasi che portano il sangue alla retina. Fino ai casi di morte del bambino”.

I sintomi sono poco visibili esternamente
Le lesioni non sono visibili esternamente ed i sintomi, tanto più marcati quanto più piccolo è il bambino, sono spesso aspecifici: apnea, convulsioni, vomito.
Tant’è che il genitore, inconsapevole della gravità di quel che ha fatto, si reca in ospedale per capire di cosa si tratti. “Ed in pronto soccorso la verità viene un po’ per volta a galla, con la visita ma soprattutto con indagini neuroradiologiche, come una la Tac cerebrale o la risonanza magnetica a livello di cranio e midollo spinale, e con il racconto, spesso confuso ed incoerente, dell’adulto coinvolto” spiega Piccotti.
“A quel punto, se vi sono i presupposti, il personale medico dell’ospedale invia una segnalazione alla Procura presso il Tribunale dei minori, che, a seconda del caso, valuterà come procedere”.

Come si evita: non lasciando soli i neo genitori
Non isolarsi La chiave per prevenire conseguenze così catastrofiche è non lasciare sole le famiglie dopo la nascita di un bambino: “E’ importante agire sul sostegno sociale e psicologico da parte di tutte le figure che ruotano intorno alla famiglia: medico di base, pediatra, ostetrica” suggerisce Lucia Sciarretta.
Un tempo l’ostetrica si recava a casa della puerpera, adesso, con i tagli alla spesa sanitaria, è sempre più raro che ciò avvenga, così come è difficile che si organizzino corsi post-parto o di consulenza psicologica ed ostetrica in consultorio.
Anche in mancanza di corsi specifici, tuttavia, se ci si rende conto di essere in difficoltà, è importante non tenersi tutto dentro, ma parlarne con il proprio medico, chiedere aiuto, anche materiale, a chi ci sta accanto, ed informarsi su tutti i servizi post-parto che vengono offerti dal territorio.
Ritagliare spazi per sé Per quanto possibile, bisognerebbe riuscire di tanto in tanto a crearsi delle ‘valvole di sfogo’: se non ci si può permettere una baby sitter, lasciare in custodia il bambino anche per poco tempo alla nonna, alla sorella o ad un’amica fidata offre la possibilità di distrarsi, di svuotare la mente e scaricarsi dallo stress accumulato.
Accettare il bambino così com’è Finché la donna è in gravidanza, non ha una reale percezione di come sarà la vita dopo il parto e la realizza solo nel momento in cui la vive: si rende conto di colpo che non ha più tempo per lei, che il bambino non è quell’angioletto che dorme beato che era nei suoi sogni, ma ha momenti in cui piange senza motivo, rigurgita, si sporca, si sveglia la notte, fa i ‘capricci’, pretende tutte le attenzioni, come tutti i bambini normali della sua età. Accettare questa realtà e viverla così com’è è il primo passo per affrontare al meglio un periodo che è sì molto faticoso, ma non durerà per sempre. Senza pretendere la perfezione da se stesse.

I neonati vanno sempre maneggiati con delicatezza
La sindrome da scuotimento deriva sempre da un gesto volontario, reiterato e fatto con una certa forza. Tuttavia è importante che chi si prende cura del neonato conosca le informazioni basilari sul corretto modo di maneggiarlo.
“Almeno per tutto il primo anno di vita, il capo va sempre sostenuto, evitando di lasciarlo ondeggiare o di fargli compiere scatti all’indietro o in avanti” sottolinea Piccotti.
“Quando si va in auto, inoltre, occorre tenere il bambino in un seggiolino adattato all’età, che sostenga adeguatamente capo e collo, per evitare i leggeri ma prolungati scuotimenti determinati dal movimento dell’auto”.
Fonte www.nostrofiglio.it


































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