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02/01/17

Le Mucopolisaccaridosi: Sindrome di Sly

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Le Mucopolisaccaridosi: Sindrome di Sly


Segni e Sintomi

Le mucopolisaccaridosi rappresentano un gruppo di patologie da accumulo lisosomiale causate dal deficit degli enzimi che catalizzano la degradazione dei glicosaminoglicani (mucopolisaccaridi). A seconda del tipo di deficit enzimatico può essere ostacolata la degradazione del dermatansolfato, dell’eparansolfato, del cheratansolfato, del condroitinsolfato e dell’acido ialuronico, singolarmente o in combinazione. L’accumulo lisosomiale dei glicosaminoglicani porta alla disfunzione delle cellule, dei tessuti e degli organi. Sono noti 11 enzimi carenti che danno origine a sette forme distinte di mucopolisaccaridosi.

Le mucopolisaccaridosi condividono molti sintomi clinici, sebbene con diversi gradi. I sintomi com- prendono un decorso cronico e progressivo, un interessamento multisistemico, organomegalia, diso- stosi multipla, e anomalie facciali. Possono essere colpiti l'udito, la vista, la respirazione, la funzione cardiovascolare, la motilità articolare. Un grave ritardo mentale è presente nella Mucopolisaccari- dosi IH (Sindrome di Hurler ), nella forma grave di Mucopolisaccaridosi II ( Sindrome di Hunter), e in tutti i sottotipi di Mucopolisaccaridosi III (Sindrome di Sanfilippo), mentre negli altri tipi l'intelli- genza può rimanere normale. Le lesioni ossee della Mucopolisaccaridosi IV (Sindrome di Morquio) sono specifiche di questo disordine. Vi è una similitudine clinica tra i vari tipi di deficit enzimatici, e al contrario, un vasto spettro di gravità clinica in ogni carenza enzimatica. (C. Scriver et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).
E’ stata riportata l’apnea ostruttiva del sonno come sintomo presente nei bambini affetti da muco-
polisaccaridosi. Sussiste una differenza nella gravità dell’apnea tra i diversi tipi di mucopolisaccari- dosi. (Leighton SEJ, Papsin B, Vellodi A, Dinwiddie R, Lane R - Disordered breathing during sleep in patients with mucopolysaccharidoses - International Journal of Pediatric Otorhinolarhingology,
2001; 58(2):127-138).
Le mucopolisaccaridosi sono patologie rare, e i dati epidemiologici disponibili sono pochi. I numeri dei casi diagnosticati tra i nati vivi in uno specifico periodo di tempo e in una data area geografica sono stati presentati da Lowry per tutte le mucopolisaccaridosi presenti negli anni 1952-1986 in Canada, e da Nelson per tutte le mucopolisaccaridosi negli anni 1958-1985 in Irlanda del Nord. Si pensa siano tuttavia dei dati sottostimati a causa dell’incompletezza degli accertamenti. L’incidenza apparente dei casi di Mucopolisaccaridosi IH e Mucopolisaccaridosi II ha subito una precipitosa caduta dopo il 1972, dovuta in parte allo sviluppo di test biochimici accurati per la diagnosi prena- tale.
Ci sono notevoli differenze nelle frequenze delle diverse mucopolisaccaridosi in una popolazione; per esempio, la Mucopolisaccaridosi II è più comune in Israele, e la Mucopolisaccaridosi IV in Ir- landa del Nord; la Sindrome di Sanfilippo tipo B è ha una prevalenza maggiore in Grecia e il tipo A in Inghilterra. L’apparente rarità della Mucopolisaccaridosi VII può essere dovuta alla frequente letalità fetale e neonatale.

Sindrome di Sly

Il deficit di beta-glucuronidasi è stato per la prima volta riconosciuto in un paziente che presentava un fenotipo che ri- cordava le Mucopolisaccaridosi IH e Mucopolisaccaridosi II. Il paziente presentava dei lineamenti del viso poco comu- ni, uno sterno che protrudeva, epatosplenomegalia, ernia ombelicale, gibbosità toracolombare, deformità marcate delle vertebre, e moderato deficit mentale. Fino agli 8 anni non si sono notate le fini opacità corneali. A circa 3 anni si è reso evidente un lieve ritardo mentale, che sembrava non essere progressivo. Le anomalie radiografiche imputabili a disostosi multipla erano moderatamente gravi. Dopo il primo, sono stati successivamente descritti molti pazienti che presentavano deficit di beta-glucuronidasi. I pazienti si presentano con un ampio spettro di gravità clinica che va dall’idrope fetale non-immune alla malattia lieve nell’adulto.
La forma grave neonatale è caratterizzata da idrope fetale, disostosi multipla, manifestazioni dismorfiche, e reperti clinici e patologici propri dei disturbi da accumulo lisosomiale. La forma neonatale è, di per se stessa, eterogenea, e va
dalla morte in utero alla forma lieve o priva di idrope alla nascita. Una ricerca in gravide affette da Mucopolisaccari- dosi VII suggerisce un aumentato numero di aborti spontanei. La forma neonatale del deficit di beta-glucuronidasi è una dei pochi disordini da accumulo lisosomiale che presenta manifestazioni cliniche in utero o alla nascita.
I pazienti affetti da Mucopolisaccaridosi VII, neonati e bambini (forma grave), hanno le caratteristiche tipiche della sindrome di Hurler, come epatosplenomegalia, ernie inguinali o addominali, anomalie scheletriche moderate, ripetuti episodi di polmonite nel primo anno di vita, bassa statura, e ritardo dello sviluppo. L’opacità corneale è un reperto va- riabile. Una forma lieve di successiva insorgenza (dopo i 4 anni) è caratterizzata da un progressivo coinvolgimento os- seo con normale intelligenza e, tipicamente, assenza di opacità corneale. Come la maggior parte delle mucopolisaccari- dosi, la Sindrome di Sly si caratterizza per un ampio spettro di gravità clinica, di cui la forma neonatale e la forma lieve rappresentano i due estremi.

Storia Naturale

Le mucopolisaccaridosi sono caratterizzate da un decorso cronico e progressivo, con un ampio spet- tro di gravità clinica per ciascun tipo di deficit enzimatico.
Una terapia di supporto- con particolare attenzione per le complicanze cardiocircolatorie e respira- torie, la perdita di udito e di vista, l’idrocefalo comunicante, e la compressione del midollo spinale- può migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. (C. Scriver et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition)

Eziologia

Le mucopolisaccaridosi sono malattie che si trasmettono con modalità autosomica recessiva, tranne nel caso della Mucopolisaccaridosi tipo II che è X-linked. Sebbene la situazione sia piuttosto diverse per ciascuna mucopolisaccaridosi, possono essere fatte alcune generalizzazioni. Le mutazioni che sottendono ciascun tipo di mucopolisaccaridosi sono molto eterogenee, ma uno o più alleli mutanti possono essere predominanti in specifiche popolazioni. Sono soprattutto mutazioni puntiformi o piccole modificazioni nel gene, sebbene si osservino nella Mucopolisaccaridosi II dei riarrangiamen- ti maggiori del DNA e larghe delezioni. Alcune mutazioni possono essere chiaramente classificate come nulle (non ne risulta alcuna attività enzimatica); queste comprendono delle delezioni maggiori del DNA e dei riarrangiamenti maggiori, frameshifts, mutazioni in regioni consensus splice site, e codoni non-senso. Ci si attende che due alleli non senso (o uno nella Mucopolisaccaridosi II) portino alla forma grave della malattia, ma potrebbe risultare una forma più lieve se uno degli alleli permet- tesse un’attività residua.
La correlazione tra la gravità della malattia e il genotipo è talvolta possibile, ma è generalmente dif-
ficile predire l'effetto delle mutazioni nonsenso. L’effetto clinico delle mutazioni nonsenso può essere generalmente predetto solamente sulla base di esperienze precedenti riguardanti quelle mutazioni (Scriver C et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).

Diagnosi

La ricerca dei glicosaminoglicani urinari è stato il primo metodo disponibile per la diagnosi di mu- copolisaccaridosi e rimane utile come test iniziale. L’identificazione dei glicosaminoglicani urinari può aiutare a discriminare tra le grandi classi di mucopolisaccaridosi, ma non permette di distingue- re i sottogruppi (Scriver C et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).
L’elettroforesi bidimensionale fornisce una buona separazione dei glicosaminoglicani urinari, e il
metodo con blue dimetilene offre una stima della concentrazione dei glicosaminoglicani urinari. En- trambi i metodi sono specifici, sensibili, e semplici per la diagnosi e lo screening delle Mucopolisac- caridosi. (Chuang CK, Lin SP, Chung SF. Diagnostic screening for mucopolysaccharidoses by the dimethylmethylene blue method and two dimensional electrophoresis. Zhonghua-Yi-Xue-Za-Zhi- (Taipei). 2001 Jan; 64(1):15-22).
La diagnosi definitiva è stabilita mediante il dosaggio enzimatico. Sono generalmente usati come substrati per la misurazione degli enzimi lisosomiali il siero, i leucociti e i fibroblasti coltivati. La scelta del tessuto usato dipende dal particolare enzima preso in considerazione e dalla preferenza del laboratorio.
L’analisi dei portatori è il servizio che le famiglie più frequentemente richiedono, secondo solo alla
richiesta di una terapia efficace. Dal momento che è presente una notevole eterogeneità delle muta- zioni, l’analisi dei portatori richiede la conoscenza degli alleli mutanti nella famiglia che si prende in considerazione (Scriver C et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).

Diagnosi prenatale e prevenzione

La diagnosi prenatale viene routinariamente svolta su colture cellulari ottenute dal liquido amnioti- co o dalla biopsia dei villi corionici usando gli stessi saggi enzimatici impiegati nelle colture di fibro- blasti. Sono state incontrate alcune difficoltà nella diagnosi prenatale della Mucopolisaccaridosi I, a causa del basso livello di alfa-L-iduronidasi nei villi corionici, ma il problema può essere risolto con particolari accorgimenti. Quando si siano ottenuti dei risultati borderline con materiale non coltura- le, è necessaria la conferma con la coltura cellulare. Per la diagnosi prenatale delle mucopolisaccari- dosi (eccetto che per la Mucopolisaccaridosi IV) si può impiegare anche la misura dell’accumulo di glicosaminoglicano radiomarcato nelle cellule in coltura.
Le cellule libere nel liquido amniotico possono essere usate per la misurazione dell’attività della idu- ronatosolfatasi per la diagnosi prenatale di Sindrome di Hunter, ma è necessario che chi interpreta i dati sia consapevole del possibile contributo materno che potrebbe mascherare una carenza enzima- tica nel feto. Il deficit di beta-glucuronidasi è stato documentato nel liquido amniotico che circonda- va un feto affetto da Mucopolisaccaridosi VII e con idrope fetale. La misurazione dei glicosamino- glicani nel liquido amniotico è generalmente irrealizzabile (Scriver C et al., The Metabolic and Mo- lecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).
Complicanze
Idrocefalo
Nei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi si osserva l’allargamento ventricolare, che può essere do- vuto alla combinazione dell’atrofia corticale secondaria alla degenerazione del sistema nervoso cen- trale o ad un difetto nel riassorbimento del liquido cerebrospinale. Il difetto di riassorbimento di li- quido cerebrospinale nei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi è presumibilmente dovuto alla sot- tigliezza delle meningi e alla disfunzione delle granulazioni di Pacchioni nei villi aracnoidali. L’idrocefalo comunicante che si ha nelle mucopolisaccaridosi è di solito lentamente progressivo, con sintomi clinici che sono difficilmente distinguibili dalla malattia neurologica primaria. Non sono comuni sintomi acuti, come il vomito o il papilledema associati all’idrocefalo. Sono spesso indicate procedure di derivazione per migliorare la qualità della vita. La TAC del cranio senza mezzo di contrasto rileva frequentemente un idrocefalo da lieve a grave (Mucopolisaccaridosi I, II, III). Tutti i pazienti con allargamento ventricolare mostrano un ritardo mentale e il grado di allargamento si correla con la gravità del ritardo. Pazienti con TAC normale e intelligenza conservata possono ap- partenere a due soli tipi di mucopolisaccaridosi: alla Sindrome di Hurker/Scheie e alla forma lieve di Sindrome di Hunter.
La derivazione ventricolo-peritoneale nei pazienti con idrocefalo da moderato a grave è general-
mente palliativa. Non è noto il grado in cui l’idrocefalo contribuisca al deterioramento neurologico nei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi. Il riconoscimento dell’idrocefalo e il drenaggio precoci possono dare dei migliori risultati. L’aumentata pressione del sistema nervoso centrale e il progressi vo allargamento ventricolare possono essere indicazioni al drenaggio. L’allargamento ventricolare nei pazienti con malattia di Sanfilippo è probabilmente secondario ad atrofia corticale, ma si pensa generalmente che un drenaggio non dia dei benefici. Tuttavia, un recente studio ha indicato che le procedure di drenaggio hanno alleviato alcuni disturbi comportamentali estremi in pazienti con ma- lattia di Sanfilippo.

Vista

L’offuscamento corneale è comune nelle Mucopolisaccaridosi I, IV, VI, e VII, e può portare ad una significativa compromissione della vista. È stato eseguito il trapianto di cornea, ma i risultati a lungo termine non sono sempre positivi. I pazienti con un trapianto possono avere comunque un deficit visivo per l’associazione di un interessamento della retina o del nervo ottico. Il glaucoma è una complicanza in molti casi di mucopolisaccaridosi. La rete trabecolare è solitamente ingorgata da gli- cosaminoglicani, e la sclera e la cornea sono assottigliate. Nelle Mucopolisaccaridosi I, II, e III si ha solitamente una degenerazione retinica, che porta ad un progressivo decremento della visione peri- ferica e alla cecità notturna. Una lampada notturna può aiutare a ridurre i disturbi del sonno.

Udito

È frequente nelle mucopolisaccaridosi una sordità di origine sia meccanica che neurosensoriale. La sordità è stata attribuita a tre cause: le frequenti infezioni dell’orecchio medio, le deformazioni degli ossicini, e una probabile anomalia dell’orecchio interno. Dei tubi che aerino possono minimizzare le sequele a lungo termine di episodi frequenti di otite media cronica e di versamenti cronici nell’orecchio medio che sono comuni nella maggior parte dei pazienti affetti da mucopolisaccarido- si. La maggioranza dei pazienti ha una significativa perdita di udito e potrebbe beneficiare di appa- recchi acustici. Sono necessari delle strategie di supporto audiologico aggressive per mantenere la miglior qualità di vita possibile.

Rigidità articolare

La rigidità articolare è un reperto comune nelle mucopolisaccaridosi, eccetto che nella la Sindrome di Morquio, in cui vi è lassità ligamentosa. La limitazione del movimento e la rigidità articolare pos- sono portare ad una significativa perdita di funzione. L’anomala funzionalità articolare risulta pro- babilmente dalla combinazione della deformità delle metafisi con l’assottigliamento delle capsule ar- ticolari secondaria all’accumulo di glicosaminoglicani e alla fibrosi. Degli esercizi di mobilizzazione sembrano offrire dei benefici nella prevenzione della motilità articolare, e dovrebbero essere iniziati precocemente. Quando si sia instaurata una limitazione significativa, non può essere raggiunto un range di miglioramento, sebbene possa essere minimizzata un’ulteriore limitazione. Dovrebbero esse- re studiate ulteriormente le indicazioni alla terapia fisica ed i suoi benefici nell’ambito del trattamen- to delle mucopolisaccaridosi.

Sindrome del tunnel carpale

La sindrome del tunnel carpale è una complicanza molto comune nelle mucopolisaccaridosi, ma nella maggior parte dei pazienti i tipici segni della malattia (dolore, formicolio o intorpidimento) non si manifestano fintantoché non si sia instaurata una grave compromissione. Proprio per l’alta incidenza del tunnel carpale e per i minimi disturbi soggettivi, si raccomanda quindi l’esecuzione routinaria di elettromiografia e la valutazione della velocità di conduzione nervosa. La perdita di funzionalità del pollice dovuta alla sindrome del tunnel carpale può rappresentare un handicap si- gnificativo in combinazione con la displasia scheletrica, che può causare anche una diminuzione del movimento della mano. La decompressione chirurgica del nervo mediano ha portato ad una com- pleta restituzione della motilità della mano in alcuni, e ad un parziale miglioramento in altri. Chia- ramente, per ottenere i migliori risultati, la decompressione nervosa dovrebbe avvenire ad uno sta- dio precoce, prima dell’instaurarsi di un danno nervoso grave.

Broncopatia ostruttiva

Contribuiscono alla broncopatia ostruttiva una trachea assottigliata, corde vocali ispessite, un tessu- to ridondante nelle vie aeree superiori, e una lingua allargata. Nei pazienti gravemente affetti è co munemente presente una ostruzione intermittente, che può portare ad apnea del sonno. La tracheo- stomia può portare ad un drammatico miglioramento sintomatico per i pazienti con apnea ostrutti- va. In caso di diffusa ostruzione delle vie aeree, ipersonnolenza diurna, respiro rumoroso e ipoventi- lazione alveolare l’apnea ostruttiva del sonno può essere trattata con successo mediante l’applicazione nasale di un’alta pressione positiva continua e di ossigeno supplementare. La tonsil- lectomia e l’adenoidectomia sono frequentemente eseguite nei pazienti per correggere la disfunzione della tuba di Eustachio e per ridurre la broncocostrizione. Alcuni pazienti possono trarre beneficio dal trattamento delle lesioni tracheali mediante l’escissione con laser.

Anestesia

I pazienti affetti da mucopolisaccaridosi presentano dei rischi anestesiologici maggiori. Nella sin- drome di Morquio, in particolare, ma anche nelle Mucopolisaccaridosi I, II, e IV, l’articolazione at- lantoassiale è instabile, il che richiede di posizionare attentamente il paziente e di evitare l’iperestensione del collo. L’induzione dell’anestesia può essere difficoltosa per l’incapacità di man- tenere una adeguata ventilazione. La visualizzazione può essere limitata durante l’intubazione, e può essere necessario un tubo endotracheale più piccolo. La ripresa dopo anestesia può essere lenta, ed è comune l’ostruzione aerea postoperatoria. Sono stati riportati casi di morte come conseguenza di complicanze anestesiologiche. I pazienti affetti da mucopolisaccaridosi dovrebbero essere sottopo- sti ad anestesia generale esclusivamente in centri con esperienza anestesiologica in tali disturbi.

Malattia cardiovascolare

Nella maggior parte dei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi in modo da lieve a grave, sono pre- senti segni clinici di patologia cardiaca. Valvulopatie, ispessimento miocardico, ipertensione sistemi- ca e polmonare, e restringimento delle arterie coronariche con ischemia, o addirittura infarto, con- tribuiscono allo scompenso cardiaco congestizio e a casi di improvviso collasso cardiocircolatorio. Il restringimento dell’aorta addominale e delle arterie viscerali e renali, contribuisce probabilmente allo sviluppo dell’ipertensione sistemica. L’insufficienza mitralica è il disturbo più frequente nella Mucopolisaccaridosi IH e nella forma grave della Mucopolisaccaridosi II, mentre la valvulopatia aortica è più probabile nelle Mucopolisaccaridosi IH/S, Mucopolisaccaridosi IS, Mucopolisaccari- dosi IV, e Mucopolisaccaridosi VI. E’ stata riportata la sostituzione valvolare nel caso di Mucopoli- saccaridosi IH/S, Mucopolisaccaridosi IS, e Mucopolisaccaridosi VI. Durante il trattamento dei pazienti, è utile la valutazione del cuore ad intervalli regolari mediante ecocardiografia che monitori la funzione e la grandezza ventricolare. Nei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi che presentino anomalie cardiache è consigliata la profilassi per l’endocardite.

Compressione del midollo spinale

La compressione del midollo spinale si riscontra comunemente nei pazienti affetti da Mucopolisac- caridosi IV, ma è stata descritta in tutte le mucopolisaccaridosi, eccetto che nella Mucopolisaccari- dosi III e nella Mucopolisaccaridosi IX. La compressione del midollo spinale può avvenire per la sublussazione legata all’instabilità dell’articolazione atlantoassiale e all’ipoplasia odontoidea, e per l’aumento del tessuto molle attorno al dente. Il tessuto fibroso attorno al dente può essere seconda- rio all’instabilità cervicale. La ridotta tolleranza all’esercizio può essere il sintomo più precoce di mielopatia cervicale nei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi.
Al fine di ottimizzare il timing dell’intervento chirurgico nella Mucopolisaccaridosi IV, è raccoman-
data una risonanza nucleare magnetica della colonna cervicale al momento della diagnosi e a suc- cessivi intervalli di tempo regolari. L’intervento di stabilizzazione della colonna mediante fusione posteriore nei pazienti con Mucopolisaccaridosi IV può salvare loro la vita. Tuttavia, se la compres- sione del midollo spinale è grave, con un significativo ammasso di tessuto molle anteriormente, può essere necessaria anche una decompressione anteriore per via transorale seguita poi dalla fusione posteriore. È comune nelle Mucopolisaccaridosi I, II, e IV una progressiva compressione del midol- lo spinale con successiva mielopatia imputabile all’ispessimento della dura madre, ma può non esse- re riconosciuta prima dell’aggravamento della patologia.
In tutte le mucopolisaccaridosi è comune lo sviluppo progressivo di gibbo lombare o di cifosi, eccet- to che nella Mucopolisaccaridosi III. La velocità di progressione e il grado della cifosi lombare sono variabili. Le complicanze neurologiche non sono comuni perché la collocazione della deformità è normalmente sotto il tronco. La fusione spinale posteriore è efficace nel bloccare la progressiva de- formità spinale.

Terapia

La terapia consiste in cure di supporto e in trattamento delle complicanze per i pazienti affetti da mucopolisaccaridosi che non sono candidati a terapie specifiche, e che rappresentano la maggior parte dei pazienti. La progressiva natura dell’interessamento degli organi nei pazienti affetti da mu- copolisaccaridosi detta la necessità di una continua valutazione del loro stato clinico. La valutazione sistematica dell’udito, della vista, e della funzione articolare associata al trattamento degli specifici problemi possono portare ad un miglioramento della qualità della vita minimizzando gli effetti di handicap della malattia sistemica diffusa.
La scoperta di malattia da accumulo lisosomiale da parte di Baudhuin e colleghi era stata accompa- gnata dall’ottimistica predizione che tali disordini avrebbero potuto essere trattati con enzimi esoge- ni, che avrebbero raggiunto i lisosomi attraverso il processo di endocitosi. La speranza si era raffor- zata grazie all’evidenza che la sostituzione degli enzimi si svolgeva estremamente bene nelle cellule in coltura. Il catabolismo dei glicosaminoglicani nei fibroblasti derivati dai pazienti con mucopoli- saccaridosi avrebbe potuto essere ripristinato dall’aggiunta di “fattori correttivi” aspecifici al me- dium di coltura. I fattori sono stati successivamente identificati come gli enzimi lisosomiali mancanti che avevano un mannosio-6- fosfato come marker di riconoscimento per un’endocitosi all’interno dei fibroblasti efficiente e recettore-mediata.
Queste osservazioni sono state le fondamenta per lo sviluppo della terapia per le mucopolisaccarido- si. L’enzima relativo può essere somministrato direttamente (sostituzione enzimatica), o indiretta- mente attraverso il trapianto di tessuto (trapianto di midollo osseo), o attraverso cellule autologhe geneticamente modificate per esprimere l’enzima. (terapia genica).

La sostituzione enzimatica

La sostituzione del difettoso catabolismo dei glicosaminoglicani in cellule di coltura è stata realizzata trent’anni fa, sebbene sia stata compresa come tale soltanto alcuni anni più tardi.
I modelli animali si sono dimostrati estremamente utili nel testare la sostituzione enzimatica. L’esperienza condotta con la sostituzione enzimatica in cani affetti da Mucopolisaccaridosi I ha permesso l’avvio di trial clinici umani con l’alfa-L-iduronidasi ricombinante in pazienti affetti; risul- tati precoci hanno dimostrato una riduzione dell’epatosplenomegalia, una diminuzione della secre- zione urinaria di glicosaminoglicani e, da un punto di vista clinico, il miglioramento della motilità articolare, la diminuzione del dolore e il miglioramento della resistenza e dell’attività. Se i promet- tenti risultati iniziali vengono mantenuti a lungo termine, è probabile che l’impiego di alfa-L- iduronidasi ricombinante diventi un trattamento farmacologico per la Mucopolisaccaridosi I. Si at- tende inoltre che vengano intrapresi trial clinici per gli altri tipi di mucopolisaccaridosi quando gli enzimi ricombinanti potranno essere prodotti in sufficienti quantità.

Il trapianto di midollo osseo

Nel 1981 Hobbs e collaboratori hanno reso noto che il trapianto di midollo osseo allogenico in un ragazzo di 9 anni affetto Sindrome di Hurler ha portato ad un netto miglioramento delle manifesta- zioni somatiche della malattia. Da allora le conoscenze sui benefici e sulle limitazioni del trapianto di midollo osseo sono pervenute sia da estese esperienze cliniche con pazienti affetti da mucopoli- saccaridosi, sia da numerosi esperimenti con modelli animali.
Da allora più di 200 pazienti affetti da mucopolisaccaridosi (in particolare di tipo I) hanno ricevuto midollo osseo allogenico e, più recentemente, il trapianto di cellule staminali. I primi esperimenti hanno dimostrato dei promettenti risultati biochimici. I livelli di glicosaminoglicani urinari e nel li quido cerebrospinale sono solitamente ritornati ai livelli normali in un periodo di pochi mesi. Nel primo anno dopo il trapianto di midollo l’attività epatica della alfa-L-ialuronidasi ha raggiunto valo- ri dal 3 al 10 % rispetto ai valori normali. Sia le cellule di Kupffer che gli epatociti vengono svuotati dai glicosaminoglicani nei pazienti trapiantati affetti da Mucopolisaccaridosi I, II, e VI, mentre solo le cellule di Kupffer nei pazienti affetti da Mucopolisaccaridosi III.
Il successo e l’engrafment stabile del midollo in pazienti affetti da Sindrome di Hurler è risultato in un miglioramento clinico delle anomalie somatiche e in un aumento della sopravvivenza a lungo ter- mine. La risoluzione o il miglioramento sono stati notati per l’epatosplenomegalia, la rigidità artico- lare, i lineamenti facciali, l’apnea ostruttiva del sonno, la cardiopatia, l’idrocefalo comunicante, e la perdita di udito.
Le anomalie scheletriche e oculari non sono state corrette dopo trapianto di midollo osseo. Sebbene le anomalie scheletriche siano diventate meno gravi in alcuni pazienti affetti da Sindrome di Hurler dopo trapianto di midollo osseo, la maggior parte ha sviluppato disostosi multipla. I pazienti affetti da Sindrome di Hurler hanno sviluppato dolore crescente e rigidità dell'anca e del ginocchio, sin- drome del tunnel carpale, compressione del midollo spinale, e progressione della cifosi toracolomba- re, e ciò sembra essere in parte legato all’aumentata sopravvivenza dopo trapianto di midollo osseo. Sono state necessarie procedure ortopediche invasive, quali l’osteotomia femorale, la ricostruzione dell’acetabolo, e la fusione spinale posteriore per la maggior parte dei pazienti che erano stati sotto- posti a trapianto al fine di mantenere la funzione e la marcia. Lo stato oculare e la funzione della re- tina nei pazienti con mucopolisaccaridosi sottoposti al trapianto di midollo non si sono normalizza- te, e possono essere peggiorate. Sebbene l'offuscamento corneale sia migliorato o si sia risolto in al- cuni pazienti, per la maggior parte non ci sono stati cambiamenti o peggioramenti dopo il trapianto di midollo. E’ stato misurato elettroretinograficamente un miglioramento precoce della funzione re- tinica dopo il trapianto, tuttavia il follow-up a lungo termine ha evidenziato un progressivo declino della retina.
I risultati neuropsichiatrici variano notevolmente dopo trapianto. Alcuni pazienti mantengono il lo-
ro grado di comprensione con intelligenza bassa-normale. E’ stato evidenziato un miglioramento a lungo termine nei pazienti affetti da Sindrome di Hurler sottoposti a trapianto prima dei 24 mesi di vita e con un indice di sviluppo mentale superiore a 70. Non c’è stato mantenimento delle funzioni intellettive nei pazienti affetti da Mucopolisaccaridosi II o Mucopolisaccaridosi III, ma non è nota la causa di tale fallimento.
I risultati clinici del trapianto di midollo nei pazienti affetti da mucopolisaccaridosi variano conside- revolmente. I fattori che influenzano i risultati del trapianto comprendono il tipo di mucopolisacca- ridosi, il genotipo del donatore, il grado di interessamento clinico, e l’età al tempo del trapianto. Il fallimento nell’ottenere uno stabile “engraftment” e la “graft-versushost disease” rappresentano un signifi- cativo ostacolo per il successo del trapianto in molti dei pazienti con mucopolisaccaridosi.
Sebbene il trapianto abbia significativamente modificato la storia naturale della malattia e migliorato
la sopravvivenza in alcuni dei pazienti con mucopolisaccaridosi, tale procedura non è curativa. Le alterazioni somatiche generalmente migliorano, eccetto che per lo scheletro e l’occhio ma varia- no molto i risultati neurologici. Il trapianto di midollo è una procedura che si accompagna ad un e- levato rischio di mortalità e morbilità a causa dello scarso engraftment e della graft-versus-host disease. Dovrebbe essere eseguito solamente in casi attentamente selezionati con una vasta valutazione e trattamento pretrapianto, e con un sistematico monitoraggio a lungo termine dei risultati.

La terapia genica

Il primo stadio dello sviluppo della terapia genica è stata la costruzione di vettori virali che traspor- tassero il cDNA che codifica per l’enzima, e la dimostrazione del fatto che le cellule trasdotte con questi vettori potessero esprimere alti livelli di enzima e diventare donatori di enzima corretto in vitro. Il passaggio successivo è stata la valutazione in vivo degli effetti terapeutici delle cellule tra- sdotte mediante modelli animali. Il terzo stadio è rappresentato da trials clinici con pazienti umani affetti da mucopolisaccaridosi.
L’espressione dell’enzima in fibroblasti carenti dopo la transduzione con un retrovirus che trasporta il cDNA corrispondente è stata dimostrata nella Mucopolisaccaridosi I, II, IIIA, VI e VII.
I trials clinici devono essere considerati con molta cautela e senza l’aspettativa che essi possano rap- presentare una terapia efficace al momento attuale. La terapia genica delle mucopolisaccaridosi ri- sente dei maggiori problemi della terapia genica considerata nell’insieme: l’inefficace produzione e l’espressione transitoria del gene. Ci possiamo attendere che, mano a mano che si sviluppano vettori migliori, essi potranno essere applicati alla terapia delle mucopolisaccaridosi. La terapia genica delle mucopolisaccaridosi può essere considerata promettente ma ad uno stadio di sviluppo molto preco- ce (Scriver C et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eigh th Edition).






















































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